Appalti pubblici, Contratti pubblici, Giurisdizione

Le inesattezze o gli errori contenuti nel DURC possono essere corretti solo dal giudice ordinario, all’esito della proposizione della querela di falso o a seguito di un’ordinaria controversia in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria; quanto all’art. 31, co. 8, d.l. n. 69/2013, conv. con l. n. 98/2013, e all’art. 7 DM 24 ottobre 2007 – recanti previsioni inerenti al cosiddetto invito alla regolarizzazione – si tratta di disposizioni che si riferiscono agli enti preposti al rilascio del DURC e non impongono alla stazione appaltante di effettuare indagini in ordine alle modalità di rilascio di tale certificazione.

(Tar Lazio, Roma, sez. I Ter, 15 settembre 2015, n. 11250)

«[L]a procedura aperta oggetto di causa, è stata indetta con il bando di gara pubblicato sulla GURI del 30 luglio 2012, serie speciale contratti, per l’affidamento, da parte del Ministero dell’Interno e l’Agenzia del Demanio (Stazioni appaltanti), del servizio di recupero, custodia ed acquisto dei veicoli oggetto dei provvedimenti di sequestro amministrativo, fermo o confisca ai sensi dell’art. 214 bis del D.lgs. 285/92 in diversi ambiti infraregionali.
Il RTI ricorrente ha partecipato a tale procedura ed è stata esclusa a causa delle risultanze negative del DURC e per la violazione degli obblighi tributari.
Ciò premesso, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo per le valutazioni afferenti il DURC (Cons. di Stato sez. IV n. 1321/2015; TAR Brescia n. 290/2015), posto che le stesse attengono alla giurisdizione del giudice ordinario. Infatti, il rapporto sostanziale di cui il DURC è mera attestazione, si consuma interamente in ambito privatistico, senza che su di esso possano incidere direttamente o indirettamente poteri pubblicistici, sicché il suo sindacato esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo in materia di appalti.
In relazione a tale profilo, la controversia involge posizioni sostanziali qualificabili in termini di diritto soggettivo, in quanto attinenti al rapporto contributivo intercorrente con gli enti previdenziali o assicurativi.
Ai sensi dell’art. 4 del D.M. 2007, il DURC attesta la regolarità dei versamenti dovuti agli Istituti previdenziali e, per i datori di lavoro dell’edilizia, la regolarità dei versamenti dovuti alle Casse edili; a tale fine deve contenere, tra l’altro, la dichiarazione di regolarità, ovvero non regolarità contributiva, con indicazione della motivazione o della specifica scopertura,nonché la data di effettuazione della verifica di regolarità.
Il documento unico di regolarità contributiva è una dichiarazione di scienza che si colloca fra gli atti di certificazione o di attestazione aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso dell’ente (come detto, assistiti da pubblica fede ai sensi dell’articolo 2700 c.c. e facenti pertanto prova fino a querela di falso); le inesattezze o gli errori contenuti in detto contenuto, investendo posizioni di diritto soggettivo, possono essere corretti solo dal giudice ordinario o all’esito della proposizione della querela di falso o a seguito di un’ordinaria controversia in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria (Cons. St., sez. V, 17 maggio 2013, n. 2682).
Ne deriva il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo per tutte le (sopra descritte) censure attinenti al merito delle irregolarità risultanti dal DURC posto a base degli atti impugnati.
2. Per quanto, invece, concerne l’asserita illegittimità degli atti impugnati per violazione e falsa applicazione dell’art. 31, comma 8, del D.L. 69/2013 conv. con L. 98/2013, il ricorso è infondato e va respinto.
Sul punto, la parte ricorrente ha affermato la non definitività della violazione attestata dal DURC, in quanto l’Ente Previdenziale competente non avrebbe concesso alla ditta il termine per la regolarizzazione di cui al DM 24 ottobre 2007.
Secondo la parte ricorrente, le Stazioni Appaltanti avrebbero dovuto appurare che l’Ente preposto avesse inviato all’interessato l’invito a regolarizzare, in quanto in difetto “la propria posizione contributiva non si può ritenere definitivamente accertata come previsto dall’art. 38, comma 1, lett. i)”. Infatti, un conto sarebbe la “gravità” della violazione ed altro la “definitività” della stessa, aspetto, questo, strettamente correlato alla corretta attuazione da parte dell’Ente preposto della norma di rango primario di cui all’art. 31 del D.L. 69/2013, a fronte della quale “deve ritenersi che nella vigenza del d.l. il requisito deve sussistere al momento della scadenza del termine di quindici giorni assegnato dall’ente previdenziale per la regolarizzazione della posizione contributiva. In assenza di tale assegnazione il DURC negativo è irrimediabilmente viziato (Tar Puglia, sede di Lecce, sez. III, 10 ottobre 2013 n. 2108)”.
Al riguardo, il Collegio osserva che il DURC ha natura di dichiarazione di scienza assistita da fede pubblica privilegiata ex art. 2700 c.c. facente prova fino a querela di falso (Cons. di Stato n. 8/2012).
Pertanto, le Stazioni appaltanti – a prescindere dall’obbligo degli istituti previdenziali di invitare l’interessato a regolarizzare la propria posizione -, non possono non prendere in considerazione le risultanze ostative derivanti dalle irregolarità storicamente esistenti ed accertate dagli stessi.
Con specifico riferimento alle previsioni di cui all’art. 31, comma 8, del D.L. 69/2013 conv. con L. 98/2013 e dell’art.7 del DM 24 ottobre 2007, recanti previsioni inerenti al cosiddetto invito alla regolarizzazione, il Collegio condivide l’orientamento secondo il quale trattasi di disposizioni che si riferiscono agli enti preposti al rilascio del DURC, e non impongono alla stazione appaltante di effettuare articolate indagini in ordine alle modalità di rilascio di tale certificazione.
Tale norma stabilisce che: “Ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento, gli Enti preposti al rilascio, prima dell’emissione del DURC o dell’annullamento del documento già rilasciato, invitano l’interessato, mediante posta elettronica certificata con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause dell’irregolarità”
La richiamata disciplina sull’invito alla regolarizzazione trova applicazione nell’ipotesi in cui la certificazione sia richiesta dal soggetto interessato, mentre non trova applicazione nel caso in cui il Durc sia richiesto dalla stazione appaltante per verificare il possesso dei requisiti autodichiarati dall’impresa, ai sensi dell’art. 38 d.lgs. n. 163/2006, per la partecipazione alla gara. La verifica disposta dalla stazione appaltante con l’acquisizione del Durc, infatti, mira a fotografare la corrispondenza o meno tra quanto dichiarato in sede di partecipazione e quanto risulta dagli archivi degli Istituti deputati al relativo rilascio, al fine di accertare la sussistenza del requisito in capo ai concorrenti (Tar Puglia Bari sez.I 15 maggio 2014 n. 608).
In tale contesto, l’eventuale regolarizzazione postuma di violazioni contributive esistenti al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara può valere ad eliminare il contenzioso tra l’impresa e l’ente previdenziale, ma non può caso cancellare il fatto storico dell’accertato inadempimento alla data della dichiarazione e comportare, ex post, il venir meno della causa di esclusione (Tar Lazio Roma sez. III quater 31.03.2014 n. 3545; Tar Puglia Lecce sez. II 13.03.2014 n. 761).
Del resto, l’articolo 38 del codice dei contratti pubblici costituisce espressione dei principi generali di concorrenza, trasparenza e parità di trattamento, i quali sarebbero vanificati ove si ritenesse che la regolarità contributiva, dichiarata in sede di partecipazione, sia un requisito verificabile con riferimento ad un momento temporale (scadenza del termine di quindici giorni decorrente dalla richiesta di regolarizzazione rivolta dopo l’aggiudicazione della gara) successivo a quello della partecipazione, quest’ultimo espressamente previsto dal citato articolo 38, che avrebbe dovuto, pertanto, essere oggetto di abrogazione espressa.
Come osservato dalla giurisprudenza, l’antinomia tra le due norme (art. 38 d.lgs. n. 163/2006 e art. 31 d.l. n.69/2013), di pari rango nell’ambito delle fonti normative, deve essere risolta sulla base del principio di specialità per cui l’art. 31 d.lgs. n. 69/2013 si applica a tutte le ipotesi di d.u.r.c. rilasciato dagli enti competenti ad eccezione di quello acquisito per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione presentata per la partecipazione alla gara per il quale vale la disciplina prevista dall’articolo 38 del codice dei contratti pubblici (Tar Lazio Sez. III ter 18 luglio 2014 n. 7732; TAR Puglia, Bari, n. 1221 del 22.10.2014).
In sostanza l’art. 38, comma 1, lett. i), del D.Lgs. 163/2006, va interpretato nel senso che la valutazione compiuta dagli Enti previdenziali ha valenza autonoma ed è vincolante per la Stazione Appaltante, la quale, collocandosi esternamente rispetto al rapporto tra l’Ente previdenziale stesso e l’operatore economico, non può che prendere atto delle attestazioni rilasciate
».

Daniele Majori – Avvocato e consulente aziendale

Fonte:www.giustizia-amministrativa.it

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