Autotutela, Edilizia e urbanistica, Procedimento amministrativo

L’annullamento d’ufficio del permesso di costruire richiede un’espressa motivazione in ordine all’interesse pubblico concreto ed attuale al ripristino dello status quo ante, non essendo sufficiente l’intento di operare un mero astratto ripristino della legalità violata (nella fattispecie, il Tar ha ritenuto che il dedotto interesse pubblico diverso dal mero ripristino della legalità si presentasse, in sostanza, generico e legato a profili meramente economici).

(Tar Campania, Napoli, sez. VIII, 4 settembre 2015, n. 4286)

«Il ricorso si palesa fondato.
La situazione di affidamento ingenerata in capo al privato avrebbe richiesto una stringente motivazione di interesse pubblico per l’adozione del provvedimento di autotutela e una valutazione di prevalenza dello stesso in sede di bilanciamento con gli interessi del ricorrente, anche in relazione al notevole lasso di tempo trascorso tra il rilascio dei permessi di costruire e il loro annullamento in autotutela.
Osserva al riguardo il Collegio come l’annullamento d’ufficio del permesso di costruire richieda un’espressa motivazione in ordine all’interesse pubblico concreto ed attuale al ripristino dello status quo ante, ai sensi dell’ art. 21 nonies L. n. 241/1990, che giustifichi il ricorso al potere di autotutela della P.A., non essendo, anche nella materia edilizia, sufficiente l’intento di operare un mero astratto ripristino della legalità violata (T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, 10-04-2015, n. 1159; T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, 18-03-2015, n. 923; T.A.R. Campania Salerno Sez. II, 09-01-2014, n. 20).
L’annullamento d’ufficio, infatti, non può, nemmeno in materia di titoli edilizi, essere disposto per la sola esigenza di ristabilire la legalità dell’azione amministrativa, posto che tale interesse, pur rilevante, deve essere comparato con altri interessi posti a tutela della stabilità delle relazioni giuridiche, anche se basate su provvedimenti illegittimi (T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, 28/05/2015, n. 2961; Cons. St., sez. VI, 30 luglio 2009, n. 4812).
Il potere di autotutela è, infatti, per sua natura “discrezionale”, e, quindi, frutto di una scelta di opportunità che deve essere congruamente giustificata.
Soltanto in casi eccezionali, che nel caso di specie non ricorrono, il legislatore deroga a tale consolidato principio prevedendo, in considerazione della preminenza che egli vuole assicurare a determinati interessi, che l’esercizio del potere di ritiro debba assumere natura “doverosa” (T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, 02-05-2014, n. 688).
La motivazione sulla sussistenza dell’interesse pubblico e sul bilanciamento con l’interesse del privato, per quanto afferente alla sfera di discrezionalità dell’amministrazione, deve essere congrua e ragionevole.
Il provvedimento in esame, pur se insolitamente lungo e articolato, risultando composto di ben 44 pagine, non motiva in modo congruo circa la sussistenza di un interesse pubblico all’annullamento dell’atto prevalente sull’interesse del privato, soprattutto alla luce dell’affidamento ingenerato
nel privato ricorrente, in ragione del comportamento della parte pubblica e del lasso di tempo trascorso.
Nel caso di specie la motivazione inerente l’interesse pubblico avrebbe dovuto essere particolarmente pregnante, alla luce dei seguenti elementi, che andavano debitamente considerati:
– la circostanza che, dopo il primo permesso di costruire per il cambio di destinazione d’uso nel 2004 per la “trasformazione” dell’immobile in un ufficio, il Comune ha rilasciato un secondo permesso di costruire nel 2007 per i lavori di adeguamento dell’immobile alla destinazione predetta, con un comportamento quindi confermativo della legittimità dell’operazione;
conferma che non poteva non associarsi alla presunzione che il Comune avesse rinunciato a valersi dei diritti sull’immobile previsti nelle NTA e che avesse sostanzialmente “accettato” la sua nuova destinazione, comunque a rilevanza pubblicistica;
– il notevole tempo trascorso rispetto al rilascio dei permessi di costruire in questione – soprattutto dal primo che è del 2004 – e all’avvio del procedimento (2011), del provvedimento di annullamento d’ufficio (del 2014). Ciò, nonostante l’operazione di cambio di destinazione d’uso dell’immobile per destinarlo a sede ASL fosse del tutto palese e in nessun modo portata vanti in modo fraudolento o artatamente celato, dimodoché il ritardo nell’attivazione della procedura di autotutela appare imputabile interamente all’inerzia degli organi comunali;
– la situazione di grave difficoltà in cui è venuto a trovarsi il privato in considerazione dei gravosi impegni assunti con la ASL a seguito dell’affidamento ingenerato sulla legittimità dell’operazione a seguito dell’ottenimento dei permessi di costruire e del passaggio del tempo;
– la circostanza che in ogni caso il Comune, sebbene offertogli, non ha mai indicato di voler acquisire l’immobile né in proprietà, né in locazione, indicando, nella nota dell’1.3.2001, come lo stesso dovesse rimanere a tempo sostanzialmente indeterminato a disposizione per un suo eventuale e futuro utilizzo senza dare alcuna indicazione al riguardo e sostanzialmente disinteresandsosi dello stesso in seguito;
Il Comune, ha indicato nel provvedimento gravato delle ragioni di contrasto del previsto cambio di destinazione d’uso con le N.T.A., in quanto nella zona in questione (F4) non sarebbero permesse opere di urbanizzazione secondaria, come quella derivante dal cambio di destinazione d’uso, e che, a fronte del nuovo assetto, sarebbero venuti meno alcuni parcheggi precedentemente previsti.
I titoli rilasciati avrebbero quindi integrato un inammissibile cambio d’uso di un immobile destinato al soddisfacimento di uno standard urbanistico previsto in PRG (Rimessa d’autobus), onde soddisfare una diversa esigenza (distretto sanitario ASL) in zona dove non possono essere realizzate opere di urbanizzazione secondaria.
Inoltre, il Comune ha evidenziato che sarebbe venuta meno la sua prerogativa di poter acquisire l’immobile a un prezzo non superiore al costo netto di produzione dell’area convenzionata oppure locarlo.
La motivazione del provvedimento indica come il privato usufruirebbe di un regime di doppia premialità (prevista per avere realizzato un’opera di urbanizzazione primaria) e il Comune perderebbe la possibilità di acquisire il bene come previsto nell’art. 25 delle N.T.A.
In sostanza, l’interesse pubblico diverso dal mero ripristino della legalità dedotto nel provvedimento di autotutela si presenta da un lato come generico, ovverosia legato alla sottrazione di alcuni parcheggi a standard senza indicare quali conseguenze pregiudizievoli ne derivano, mentre dall’altro è legato a profili meramente economici.
Difatti, a parte il profilo di mero ripristino della legalità, legato al contrasto con le previsioni di zona F4 della nuova destinazione dell’immobile in quanto opera di urbanizzazione secondaria, il Comune deduce che il cambio di destinazione d’uso sottrae il bene alla sua destinazione a standard e produce la perdita di alcuni parcheggi, senza tuttavia operare una valutazione dell’impatto di tale sottrazione in termini di pregiudizio al corretto sviluppo urbanistico dell’area e alla pianificazione del territorio.
Sotto diverso punto vista il Comune deduce, riguardo all’aspetto dell’interesse pubblico, la perdita della possibilità di acquisire il bene al patrimonio, e conseguire un vantaggio patrimoniale (motivazione sviluppata anche quando tratta della mancata conclusione dell’accordo prospettato per il rilascio del permesso di costruire in deroga). Tale interesse patrimoniale, seppure non può essere trascurato, non può avere, a fronte di quanto anzidetto, anche con riferimento ai contrapposti interessi privati, una pregnanza tale da giustificare di per sé, il provvedimento di autotutela.
Tanto più che tale interesse patrimoniale si presenta in via mediata ed eventuale, risultando non inerente a un perdita patrimoniale economica diretta, come un esborso di denaro o la perdita di proprietà di un bene, bensì come una deminutio derivante dalla mancata possibilità di una acquisizione di un bene del tutto eventuale e a titolo comunque oneroso.
A fronte della concreta situazione evidenziata il provvedimento risulta carente di una congrua motivazione sull’interesse pubblico idonea a giustificare il provvedimento di annullamento d’ufficio.
Un ulteriore elemento che indebolisce la pur generica esigenza di tutela dell’interesse pubblico manifestata dal Comune nel provvedimento è costituita dalla proposta di accordo formulata alla società ricorrente, e sulla base della quale è stata convocata una Conferenza di servizi poi non andata a buon fine.
Tale ipotesi di accordo prevedeva il mantenimento della destinazione d’uso dell’edificio a sede della ASL, con il subentro del Comune nell’accordo con la ASL e la corresponsione allo stesso della differenza tra il prezzo di cessione alla ASL e il costo di produzione e l’impegno del Comune stesso a rilasciare un permesso di costruire in deroga.
In sostanza, l’immobile avrebbe mantenuto la destinazione assentita, ma da tale operazione il Comune avrebbe ricavato un’utilità economica.
Alla luce di tale proposta non è quindi ragionevolmente sostenibile che la destinazione dell’immobile a sede degli uffici ASL contrasti irrimediabilmente con l’interesse pubblico o stravolga gli assetti della pianificazione, dal momento che l’Amministrazione stessa era pronta a mantenerla se sol ne avesse tratto un vantaggio economico.
Certo, come hanno osservato le difese comunali, nel caso di stipula dell’accordo, l’Ente locale avrebbe potuto attivare i suoi poteri pianificatori in modo da “rimediare” al mutamento operato dal cambio di destinazione d’uso mediante modifica degli strumenti urbanistici “recuperando” in qualche modo le “perdite” in termini di standard o di parcheggio.
Il Collegio, tuttavia non vede (perché l’Amministrazione non ha affrontato la questione) per quale motivo tali poteri non avrebbero potuto essere esercitati in assenza dell’accordo (che sostanzialmente apportava al Comune esclusivamente un vantaggio economico), nell’ottica del bilanciamento degli interessi tra le esigenze di tutela dell’interesse pubblico dell’Amministrazione e gli interessi del privato.
Anche tale profilo avrebbe meritato un’idonea valutazione e un pregnante profilo motivazionale che, invece, risulta insussistente.
Il provvedimento, inoltre, si rivela ancor più carente in quanto il suo contenuto motivazionale si limita a considerare la sussistenza dell’interesse pubblico, senza correttamente considerare l’interesse privato, nell’ambito di una giusta ponderazione.
L’atto in esame, infatti, riguardo alla posizione del privato si limita a considerare che senza il provvedimento di autotutela lo stesso avrebbe conseguito una “doppia premialità”, senza prendere in considerazione, come invece avrebbe dovuto, la globale posizione di interesse della parte privata, alla luce delle circostanze su evidenziate relative all’affidamento creato dai due permessi di costruire rilasciati, al passaggio di un notevole lasso di tempo e agli impegni assunti con la ASL.
Per tutto quando indicato il motivo merita accoglimento
[…]».

Daniele Majori – Avvocato e consulente aziendale

Fonte:www.giustizia-amministrativa.it

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