(Tar Sicilia, Catania, sez. IV, 24 aprile 2014, n. 1205)
«Per quanto riguarda la prima censura, la questione posta all’esame del Collegio può essere riassunta nella necessità o meno di rendere la prescritta dichiarazione di cui all’art. 38 lett. c) del Codice dei contratti relativa agli amministratori della società cedente in affitto un ramo d’azienda.
Sostiene l’Amministrazione che la dichiarazione non è dovuta ove, come nel caso di specie, sia trascorso il periodo di un anno dalla stipula del contratto rispetto alla pubblicazione del bando.
Ribadisce parte ricorrente che il contratto d’affitto non determina la “cesura” del rapporto, sussistente nelle diverse ipotesi di cessione, fusioni e incorporazioni e, quindi, la dichiarazione dovrebbe essere resa sempre e in ogni caso.
Questa Sezione, in sede cautelare, ha riconosciuto che la detta dichiarazione debba essere resa, ma che occorra tenere conto del limite temporale prescritto dall’art. 38, non potendosi “aggravare” il procedimento, senza l’indicazione di un limite temporale.
Il Giudice di seconde cure ha ritenuto condivisibile la premessa di parte ricorrente, ritenendo, però, che la mancata dichiarazione non possa comportare “tout court” l’esclusione della partecipante, essendo possibile ricorrere al c.d. “soccorso istruttorio”.
Il detto ultimo assunto sembra al Collegio il giusto punto di equilibrio delle diverse posizioni e, pertanto, va condiviso.
Come ben riassunto dall’AVCP con parere n. 210 del 19/12/2012, «il Consiglio di Stato ad. plen. 04 maggio 2012, n. 10, condividendo l’esito al quale era pervenuto un precedente indirizzo giurisprudenziale ha stabilito che “Sussiste in capo al cessionario di azienda l’onere di presentare la dichiarazione relativa al requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. c ), D.lg.s 12 aprile 2006, n. 163 anche con riferimento agli amministratori ed ai direttori tecnici che hanno operato presso la cedente nell’ultimo triennio (ora, nell’ultimo anno) anteriore alla data di indizione del bando, salva la possibilità per il cessionario di comprovare l’esistenza, nel caso concreto, di una completa cesura tra vecchia e nuova gestione, tale da escludere la rilevanza della condotta dei precedenti amministratori e direttori tecnici operanti nell’ultimo triennio e, ora, nell’ultimo anno, presso il complesso aziendale ceduto, con l’ulteriore precisazione – tenuto anche conto della non univocità delle norme circa l’onere del cessionario – che in caso di mancata presentazione della dichiarazione, e sempre che il bando non contenga al riguardo una espressa comminatoria di esclusione, quest’ultima potrà essere disposta soltanto laddove sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito in questione”.
«Con successiva pronuncia, il Consiglio di Stato ad. plen. 7 giugno 2012, n. 21 ha stabilito che “In caso di incorporazione o fusione societaria, sussiste in capo alla società incorporante, o risultante dalla fusione, l’onere di presentare la dichiarazione relativa al requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163/2006 anche con riferimento agli amministratori e ai direttori tecnici che hanno operato presso la società incorporata o le società fusesi nell’ultimo triennio ovvero che sono cessati dalla relativa carica in detto periodo (dopo il d.l. n. 70 del 2011: nell’ultimo anno). Resta ferma la possibilità di dimostrare la cd. dissociazione”.
«Deve pertanto ritenersi che in tutte le vicende modificative della compagine societaria, sussiste in capo alla società cessionaria l’onere di presentare la dichiarazione relativa al possesso dei requisiti di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163/2006 anche con riferimento agli amministratori e ai direttori tecnici che hanno operato presso la società cedente nell’ultimo anno (dopo il d.l. n. 70 del 2011: nell’ultimo anno) ovvero che in tale periodo sono cessati dalla relativa carica.
«Né, d’altra parte, è possibile trovare argomentazioni che depongano per la non applicabilità dei principi sopra enunciati anche all’affitto di azienda».
Come condivisibilmente ritenuto da questo stesso Tribunale (cfr. TAR Catania, I, 23/11/2012, n. 2718) «l’ipotesi di affitto dell’azienda non può non essere assimilato, ai fini dell’onere di rendere la dichiarazione di cui all’art. 38, comma 1, lettera c) del d.lgs. n. 163 del 2006, alle ipotesi di incorporazione e fusione d’azienda».
La detta decisione, dopo aver richiamato i principi sopra indicati espressi dall’A.P. n. 21/12, ha, altresì rammentato le ulteriori precisazioni ivi riaffermate e, cioè, che:
«l’art. 38, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006, sia prima che dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 70 del 1911, impone la presentazione di una dichiarazione sostitutiva completa, a pena di esclusione, e tale dichiarazione sostitutiva deve essere riferita, quanto all’art. 38, comma 1, lett. c), anche agli amministratori delle società che partecipano ad un procedimento di incorporazione o di fusione, nel limite temporale ivi indicato;
«nel contesto di oscillazioni della giurisprudenza e di conseguente incertezza delle stazioni appaltanti, fino alla plenaria n. 10/2012 e alla plenaria odierna, i concorrenti che omettono la dichiarazione di cui all’art. 38, comma 1, lettera c) d.lgs. n. 163/2006, relativamente agli amministratori delle società partecipanti al procedimento di fusione o incorporazione, possono essere esclusi dalle gare –in relazione alle dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera c) fino alla data di pubblicazione della presente decisione-solo se il bando espliciti tale onere di dichiarazione e la conseguente causa di esclusione; in caso contrario, l’esclusione può essere disposta solo ove vi sia la prova che gli amministratori per i quali è stata omessa la dichiarazione hanno pregiudizi penali”».
In difetto di espressa comminatoria nel bando, conclude la sentenza di questo Tribunale, la mancanza delle dichiarazioni di assenza di tali cause di esclusione in relazione al legale rappresentante dell’impresa “affittata” non può comportare alcuna sanzione di esclusione diretta dalla gara.
Del resto, le condivisibili premesse dell’A.P. n. 21/12 sono le seguenti:
«5.2. In punto di fatto si deve osservare che, nel caso per cui è processo, e a differenza che nel caso concreto su cui ha deciso la plenaria n. 10/2012, la vicenda societaria non appare in alcun modo posta in essere in funzione di elusione delle regole di partecipazione alle gare per l’affidamento di pubblici appalti.
«Prova ne è che l’amministratore cessato di cui si discute, – e già cessato presso la società incorporata prima ancora che la fusione avesse luogo – , è incensurato.
«Pertanto, la omissione di dichiarazione, o, meglio, la dichiarazione resa in gara, secondo cui non ci sono amministratori cessati nel triennio, è del tutto innocua perché non è volta a nascondere circostanze rilevanti.
«La legge di gara, come osservato anche dall’ordinanza di rimessione, commina l’esclusione in caso di omissione della dichiarazione di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006.
«Occorre peraltro tener conto che la clausola del bando non menziona espressamente l’onere di dichiarazione per gli amministratori di società partecipanti ad un procedimento di fusione, e tanto in un contesto di incertezza interpretativa in ordine alla portata del citato art. 38, comma 1, lett. c), incertezza chiarita solo con la plenaria n. 10/2012 e con la plenaria odierna.
«In una situazione siffatta, di oscillazione della giurisprudenza e di clausola del bando che non prevede espressamente l’onere di rendere la dichiarazione relativamente agli amministratori delle società partecipanti alla fusione o incorporate, le stazioni appaltanti sono tenute ad esercitare un potere di soccorso nei confronti dei concorrenti, ammettendoli a fornire la dichiarazione mancante, sicché i concorrenti potranno essere esclusi solo se difetti il requisito sostanziale (nel senso che vi sia la prova che gli amministratori per i quali è stata omessa la dichiarazione hanno pregiudizi penali), ovvero se essi non rendano, nel termine indicato dalla stazione appaltante, la dichiarazione mancante».
Ritiene il Collegio che i predetti principi non siano rimasti scalfiti dalla recente pronuncia n. 9/2014 del 25.2.2014 dell’A.P., la quale, sia pur introducendo criteri più rigidi in ordine alla possibilità del seggio di gara di praticare il c.d. “soccorso istruttorio”, nel passaggio saliente, così si esprime:
«h) il “soccorso istruttorio”, infine, si sostanzia anche nella interpretazione di clausole ambigue onde favorire la massima partecipazione alle gare e, conseguentemente, nella possibilità di consentire, unicamente per questo limitato caso e nel rispetto della par condicio, la successiva integrazione documentale; siffatta attività di interpretazione, a fronte di clausole ambigue appare necessaria specie se sollecitata da appositi quesiti dei candidati; la relativa risposta, ovviamente, deve essere comunicata a tutti i partecipanti alla gara (c.d. ruling contrattuale).
«7.3. In definitiva, in presenza di una previsione chiara e dell’inosservanza di questa da parte di una impresa concorrente, l’invito alla integrazione costituirebbe una palese violazione del principio della par condicio, che verrebbe vulnerato dalla rimessione in termini, per mezzo della sanatoria (su iniziativa dell’Amministrazione), di una documentazione incompleta o insufficiente ad attestare il possesso del requisito di partecipazione o la completezza dell’offerta, da parte del concorrente che non ha presentato, nei termini e con le modalità previste dalla lex specialis, una dichiarazione o documentazione conforme al regolamento di gara».
Nel caso di specie, l’affitto di azienda non è contemplato tra le ipotesi per le quali gli atti di autoregolamentazione e la normativa del Codice stabiliscono un espresso onere dichiarativo, sicché, in mancanza di una “indicazione chiara”, è del tutto legittimo il soccorso istruttorio.
Consegue il rigetto del primo motivo di ricorso».
Daniele Majori – Avvocato Amministrativista in Roma
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
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