Concorsi pubblici

L’Amministrazione ha l’obbligo di rispettare il principio del concorso pubblico, quale mezzo ordinario di accesso al pubblico impiego, anche per quanto attiene i passaggi a qualifiche funzionali superiori.

(Consiglio di Stato, sez. V, 7 settembre 2015, n. 4139)

«La giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenze n. 227 del 2013, n. 90 e n. 62 del 2012, n. 310 e n. 299 del 2011) ha più volte ribadito che il concorso pubblico costituisce la modalità ordinaria di accesso nei ruoli delle pubbliche amministrazioni, in coerenza con i principi costituzioni di uguaglianza (art. 3) ed i canoni di imparzialità e di buon andamento (art. 97) e che pertanto i concorsi interni sono da considerare come eccezione al principio dell’ammissione in servizio per il tramite del pubblico concorso.
In tal senso anche la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al predetto principio deve essere delimitata in senso rigoroso, potendo tali deroghe considerarsi legittime soltanto allorquando siano funzionali al buon andamento dell’amministrazione e ricorrano altresì peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle (sent. n 95, n. 150 e n. 100 del 2010, n. 293 del 2009).
E’ stato precisato inoltre che al principio del concorso pubblico “…deve riconoscersi un ambito di applicazione ampio, tale da non includere soltanto le ipotesi di assunzione di soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni, ma anche i casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio e quelli di trasformazione di rapporti non di ruolo, e non istaurati ab origine mediante concorso, in rapporti di ruolo” (Corte Cost. 12 aprile 2012, n. 90): come ha sottolineato Cons. St., sez. IV, 25 giugno 2013, n. 3438, ciò “…implica che la valutazione delle necessità eccezionali, tali da escludere il ricorso alle procedure ordinarie, può essere giustificata solo in collegamento con altre esigenze di pari rango costituzionale, spesso richiamate dalla Corte, quando afferma che il principio del pubblico concorso non è (Corte Costituzionale 10 novembre 2011, n. 299).
Secondo la ricordata sentenza di questo Consiglio di Stato “…la salvaguardia della legittimità ordinamentale dei concorsi interni, nei limiti complessivi quantitativi e qualitativi delineati dalla giurisprudenza costituzionale, passa necessariamente attraverso la valutazione dei criteri utilizzati per la selezione e rende ammissibile una selezione concorsuale riservata solo in quanto i criteri utilizzati siano effettivamente compatibili con il consolidamento dell’esperienza maturata all’interno della stessa pubblica amministrazione”.
Proprio insistendo sull’obbligo dell’amministrazione di rispettare il principio del concorso pubblico quale mezzo ordinario si accesso al pubblico impiego, anche per quanto attiene i passaggi a qualifiche funzionali superiori e sottolineando che il concorso pubblico costituisce un meccanismo imparziale di selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base del criterio del merito, è stato evidenziato che esso rappresenta un ineludibile presidio delle esigenze di trasparenza e di efficienza dell’azione amministrativa e che di conseguenza le eccezioni a tale regole possono essere disposte solo con legge e debbono rispondere a peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico, risolvendosi altrimenti la deroga in un inammissibile privilegio in favore di categorie più o meno ampie di persone (Cons. St., sez, V, 22 marzo 2012, n. 1625).
4.2. Ciò posto, deve rilevarsi che gli impugnati decreti in data 26 giugno 2003, con cui il dirigente generale vicario del Dipartimento Organizzazione e Personale della Giunta regionale della Calabria, successivamente rettificati in data 8 luglio 2003, ha indetto le progressioni verticali per l’accesso a 186 posti di categoria D3 e a 799 posti di categoria D1, tutti interamente riservati al personale già dipendente dell’ente, non reca alcuna motivazione delle ragioni, di interesse pubblico, che giustificano il ricorso ad una procedura interamente riservata per la copertura di posti vacanti, in deroga al principio del necessario concorso pubblico per l’accesso a posti di pubblico impiego.
Né una sia pur minima giustificazione di tale decisione si rinviene nella delibera della Giunta regionale n. 651 del 24 luglio 2001 (di cui quei decreti costituiscono attuazione), che contiene invero l’approvazione dell’allegato documento di “Attuazione delle Linee di Indirizzo e direttive straordinarie di cui alla delibera di Giunta regionale n. 198 del 6/3/2001” e la contestuale delega al 4° Dipartimento – Organizzazione e Personale – all’attuazione di quanto previsto nel predetto documento entro il 31 dicembre 2001 (con l’adozione di tutti gli atti consequenziali e collegati), limitandosi nelle premessi ad evidenziare la necessità di “…avviare la fase conclusiva per la definizione delle problematiche inerenti il personale della Giunta regionale, attraverso l’individuazione di un programma a breve termine che consente, entro il 31/12/2001, di riorganizzare la macchina burocratica dell’Ente, tenendo nella dovuta considerazione le giuste aspettative dei dipendenti regionali” e di dover “…provvedere, attraverso strumenti contrattuali, a ridisegnare la dotazione organica dell’Ente, fermo restando i limiti numerici fissati dalle leggi regionali che hanno regolamentato la materia, ridistribuendo nelle nuove categorie e profili professionali, i contingenti numerici e avuto riguardo agli effettivi fabbisogni delle strutture”.
In definitiva con la ricordata delibera è stata approvata la (nuova) dotazione organica dell’ente e si è contestualmente avviata la fase di copertura dei posti vacanti, tutti genericamente ed indiscriminatamente riservati alle progressioni verticali interne e sottratti pertanto al principio del concorso pubblico, senza individuare le ragioni che giustificano una simile scelta con riferimento alle eventuali peculiari professionalità acquisite all’interno dell’ente nella quotidiana attività d’ufficio che avrebbero potuto giustificare una (limitata) deroga al ricordato principio di copertura dei posti vacanti attraverso il pubblico concorso.
Tanto meno a supporto di tale generalizzata e ingiustificata scelta di riservare tutti i posti resisi vacanti con la (nuova) dotazione organica può invocarsi l’art. 4 del Contratti Collettivo Nazionale di Lavoro relativo alla revisione del sistema di classificazione del personale di comparti delle Regioni – Autonomia Locali (prodotto in primo grado dalla difesa dell’amministrazione regionale) atteso che, anche a prescindere da ogni considerazione sulla preminenza dei ricordati principi costituzionali, il comma 1 prevede espressamente lo svolgimento di progressioni verticali “…nel limite dei posti vacanti della dotazione organica…che non siano destinati all’accesso dall’esterno”, così non escludendo in radice l’accesso a quei posti per concorso pubblico ed anzi ritenendolo necessario (comma 4), qualora manchino “del tutto all’interno le professionalità da selezionare”.
4.3. Sulla scorta di tali rilievi sussisteva e sussiste l’interesse personale, concreto, diretto ed attuale
[dell’odierno appellante], in virtù del titolo di studio posseduto (laurea in ingegneria civile), astrattamente idoneo a ricoprire posti di categoria D1 o D3 aventi profilo tecnico (come indicati nella approvata dotazione organica), ad impugnare quei bandi di procedure riservate per selezioni verticali che sottraggono i predetti posti di categoria D1 e D3 al principio del pubblico concorso, senza alcuna motivazione delle ragioni di tale deroga in violazione del principio di imparzialità e buon andamento (ex art. 97 della Costituzione), creando altresì una ingiustificata posizione di privilegio per il personale già dipendente (in violazione dell’articolo 97) ed impedendogli così altrettanto ingiustificatamente di concorrere per l’accesso nella pubblica amministrazione.
E’ appena il caso di rilevare che, così ricostruito l’interesse e la legittimazione ad agire
[dell’odierno appellante], la sua iniziativa giurisdizionale, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici, non si atteggia affatto come mera inammissibile azione volta ad un sindacato generalizzato sull’attività della pubblica amministrazione, giacché la contestazione riguarda esclusivamente atti che incidono direttamente ed immediatamente nella sua sfera giuridica, qualificata e differenziata, non potendo sottacersi che non è rilevante ai fini dell’interesse (e della legittimazione ad agire) la mancata indicazione della qualifica e del profilo professionale per il quale egli avrebbe avuto interesse a ricorrere, trattandosi di elementi non individuati nei contestati bandi (e non presenti neppure nei fac – simile di domanda di partecipazione alle predette selezioni riservate).
Deve poi aggiungersi per completezza che la lesione diretta ed attuale della posizione
[dell’odierno appellante] è ricollegabile unicamente agli impugnati bandi delle procedure riservate e non anche, come sostenuto dall’amministrazione regionale, alle delibere (temporalmente più risalenti) di cui costituiscono attuazione: queste ultime infatti hanno natura regolamentare e la loro impugnazione può avvenire in uno con l’atto applicativo, il che esclude ogni tardività, sotto tale profilo, del ricorso di primo grado.
5 In conclusione l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata deve essere accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento degli atti impugnati
».

Daniele Majori – Avvocato e consulente aziendale

Fonte:www.giustizia-amministrativa.it

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