Appalti pubblici, Contratti pubblici

L’art. 2, comma 1-bis d.lgs. n. 163/2006 – prevedendo un obbligo di motivazione (in particolare là dove specifica che «nella determina a contrarre le stazioni appaltanti indicano la motivazione circa la mancata suddivisione dell’appalto in lotti») – contempla quale regola generale la suddivisione in lotti, al fine di favorire l’accesso delle piccole e medie imprese (nella fattispecie, peraltro, la norma era inapplicabile ratione temporis).

(Consiglio di Stato, sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669)

«Con un primo motivo si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha ritenuto violato il principio, sancito dall’art. 2, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, che imporrebbe la suddivisione in più lotti degli appalti al fine di favorire l’accesso al mercato delle piccole e medie imprese. Nella specie, considerata l’ampiezza dell’oggetto dell’appello, non potrebbe ritenersi rispettosa del suddetto principio la ripartizione in soli tre lotti.
Il motivo non è fondato.
Il d.lgs. n. 163 del 2006, nel testo applicabile ratione temporis, si limitava ad affermare che: a) quando un’opera prevista «può dare luogo ad appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti distinti, è computato il valore complessivo stimato della totalità di tali lotti»; b) «quando il valore cumulato dei lotti è pari o superiore» alle soglie europee, le norme dettate per i contratti di rilevanza comunitaria si applicano all’aggiudicazione di ciascun lotto (art. 29).
Il legislatore non aveva stabilito, però, come dovesse essere ricostruito il rapporto tra unitarietà e frammentazione dell’oggetto dell’appalto, con la conseguenza che la relativa scelta rientrava nell’ambito della discrezionalità della stazione appaltante. Nell’esercizio di tale discrezionalità l’amministrazione doveva valutare, in particolare, l’autonomia funzionale dei singoli lotti, la possibile interconnessione tra gli stessi, la convenienza economica, le questioni afferenti alle modalità di gestione di più appalti, nonché le esigenze di tutela della concorrenza. In questo contesto, caratterizzato dall’assenza di una espressa presa di posizione legislativa, non è individuabile una regola ed una eccezione idonee ad indirizzare la scelta amministrativa. La stazione appaltante, pertanto, doveva effettuare tale scelta avendo necessariamente riguardo alla specificità della vicenda concreta (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 18 maggio 2004, n. 3188 e Cons. Stato, sez. IV, 13 marzo 2008, n. 1101).
L’art. 44, comma 7, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 ha inserito, nel codice dei contratti pubblici, l’art. 2, comma 1-bis, il quale prevede che: «Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, al fine di favorire l’accesso delle piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti devono, ove possibile ed economicamente conveniente, suddividere gli appalti in lotti funzionali», specificando, da un lato, che «nella determina a contrarre le stazioni appaltanti indicano la motivazione circa la mancata suddivisione dell’appalto in lotti», dall’altro, che «i criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le piccole e medie imprese».
La vigente legislazione, prevedendo un obbligo di motivazione, contempla quale regola generale la suddivisione in lotti a tutela della concorrenza.
Applicando questi principi al caso di specie ne consegue la correttezza della scelta della stazione appaltante.

[La stazione appaltante], infatti, agendo in un contesto normativo nel quale, come sottolineato, mancava una specifica disposizione in materia, ha deciso, valutando la specificità dell’appello, di individuare soltanto tre lotti. A fronte di tale scelta, che concilia unitarietà e frammentazione, era onere dell’appellante indicare in maniera puntuale le ragioni della illegittimità della scelta stessa. L’appellante non ha assolto a tale onere, essendosi limitata ad affermare che la mancata indicazione di altri lotti avrebbe violato le regole poste a tutela della concorrenza. Del resto, l’appellante stessa, avendo partecipato senza riserve alla procedura di gara relativa a tutti i lotti, ha dimostrato che, in relazione alla sua organizzazione aziendale, non sussistevano ragioni obiettive che imponevano una ulteriore frammentazione dell’oggetto contrattuale, con la conseguenza che mancherebbe perfino l’interesse della parte alla decisione nel merito della censura».

Daniele Majori – Avvocato Amministrativista in Roma

Fonte:www.giustizia-amministrativa.it

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