(Tar Puglia, Lecce, sez. II, 14 febbraio 2014, n. 459)
«In via preliminare, occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità del gravame sollevata dal Comune […] per l’omessa impugnazione del diniego tacito di autotutela formatosi sul preavviso di ricorso.
In proposito si osserva che, ai sensi dell’art. 243-bis del d.lgs. n. 163/2006, prima di esperire il giudizio, le imprese sono tenute ad inviare alla stazione appaltante un’informativa che manifesti l’intento di proporre ricorso; quest’ultima decide se intervenire in autotutela entro 15 giorni.
“La ratio della norma è rinvenibile nell’esigenza di adottare un meccanismo capace di ridurre l’area delle controversie sottoposte alla cognizione del giudice, attraverso la risoluzione anticipata della lite (cfr. Consiglio di Stato – parere 1/2/2010 n. 368 sullo schema di decreto legislativo di recepimento della “direttiva ricorsi”). Ci troviamo di fronte ad uno strumento preventivo destinato a dirimere la causa che sta per essere promossa, e la collocazione della relativa norma – immediatamente dopo gli istituti della transazione, dell’accordo bonario e dell’arbitrato – attesta il suo inquadramento tra i rimedi alternativi al contenzioso, in un’ottica deflativa per la quale l’investitura del giudice rappresenta l’estrema ratio, essendo preceduta da sistemi extragiudiziali di risoluzione delle liti (le cd. alternative dispute resolutions).
Il comma 3 puntualizza che “L’informativa … non impedisce l’ulteriore corso del procedimento di gara, né il decorso del termine dilatorio per la stipulazione del contratto, … né il decorso del termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale”. Se, sotto quest’ultimo profilo, si è inteso evitare che, attraverso la richiesta del riesame del provvedimento, venisse eluso il termine decadenziale di impugnazione – coerentemente con gli obiettivi di celerità dell’azione amministrativa e di certezza delle situazioni giuridiche – ad avviso del Collegio si può trarre l’ulteriore spunto per cui il legislatore ha configurato un procedimento amministrativo “parallelo” all’azione in giudizio, che può anche non interferire (in caso di diniego della stazione appaltante) con la seconda e concludersi dopo che la causa è stata introdotta. Infatti la stazione appaltante ha 15 giorni per esprimersi e si può ragionevolmente ipotizzare che l’impresa insoddisfatta abbia bisogno di un congruo lasso temporale per apprezzare compiutamente le proprie ragioni, contattare il legale, elaborare e trasmettere l’informativa, cosicché il termine di conclusione del procedimento si avvicina verosimilmente all’ultimo giorno utile per la proposizione del ricorso. Del resto il comma 5 individua tra i “comportamenti valutabili, ai fini della decisione sulle spese di giudizio, nonché ai sensi dell’articolo 1227 del codice civile” soltanto l’omesso invio dell’informativa, mentre analoga sanzione non è prevista per l’impresa che decide di agire in giudizio anche se la risposta non è ancora pervenuta.
Il delineato ragionamento induce a ritenere che la statuizione dell’amministrazione sull’informativa non debba necessariamente essere oggetto di autonoma impugnazione, in quanto si pone esternamente ad un procedimento di gara che si è già esaurito ed è censurabile entro un termine breve di 30 giorni” (in termini, T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 2 marzo 2011, n. 372).
Il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi dalle conclusioni cui è giunto, sull’argomento, il TAR lombardo; l’eccezione di inammissibilità proposta dalla parte resistente è quindi da respingere».
Daniele Majori – Avvocato Amministrativista – Roma
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
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