(Consiglio di Stato, sez. III, 13 dicembre 2013, n. 5984)
L’appellante ha sostenuto, in primo grado, «all’evidente fine di paralizzare l’azione della ricorrente principale, che [la ricorrente principale] avrebbe dovuto essere esclusa in limine per inaffidabilità della sua offerta economica.
Il TAR ha reputato le relative censure “palesemente generiche e non supportate da concreti elementi di riscontro, anche considerando che l’offerta della ricorrente non è ancora stata oggetto di anomalia”.
In proposito, è dirimente la circostanza che l’offerta economica della seconda graduata non fosse stata ancora sottoposta a verifica di congruità. Tale circostanza, difatti, comporta che il giudice non possa sostituirsi all’amministrazione nell’esercizio di poteri da questa ancora non esercitati, stante l’espresso divieto posto dall’art. 34, co. 2, cod. proc. amm.. Tanto nella specie a maggior ragione tenuto conto, sotto il profilo procedimentale, che si tratta di poteri da esplicarsi nell’ambito dell’apposito, articolato sub-procedimento previsto dagli artt. 86, 87 e 88 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, mediante richiesta di giustificazioni, valutazione delle medesime ed ulteriore verifica in contraddittorio, solo all’esito del quale può provvedersi all’esclusione; e, sotto il profilo sostanziale, che gli stessi poteri, poiché inerenti la verifica dell’anomalia delle offerte, attengono alla sfera propria di discrezionalità tecnica della stazione appaltante, sicché il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni compiute dalla p.a. sotto il profilo della loro logicità e ragionevolezza e della congruità dell’istruttoria, ma non può operare autonomamente siffatta verifica, pena l’invasione di quella sfera tipica (cfr. Cons. St., sez. III, 26 gennaio 2012 n. 343 e sez. IV, 27 giugno 2011 n. 3862, ivi richiamata)».
Daniele Majori – Avvocato Amministrativista – Roma
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
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