Corte di giustizia, Diritto comunitario, Processo amministrativo, Unione europea

Sulle condizioni che devono sussistere affinché, in concreto, sia configurabile a carico del giudice di ultima istanza l’obbligo di rimettere la questione di interpretazione pregiudiziale alla Corte di giustizia ex art. 267, co. 3 TFUE.

(Consiglio di Stato, sez. V, 23 ottobre 2013, n. 5131)

«[L’]obbligo del rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte UE sancito dall’art. 267, co. 3, Trattato FUE presuppone non solo l’esistenza di un giudice ma anche di un giudizio correttamente instaurato e altrettanto correttamente celebrato ovvero sviluppatosi nel rispetto delle regole processuali del singolo Stato; la stessa Corte di giustizia ha mostrato di aderire a tale impostazione riconoscendo la valenza del c.d. “principio di autonomia processuale” e dunque lasciando, nei limiti della non discriminazione e della effettività della tutela, agli ordinamenti dei singoli Stati la disciplina delle modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali (cfr. ex plurimis, Corte giustizia UE, 22 dicembre 2010, n. 507/08; 1° giugno 1999, n. 126/97; 14 dicembre 1995, n. 312/93; sul versante italiano si vedano le conclusioni cui è giunto Cons. St., sez. VI, 5 marzo 2012, n. 1244/ord.); nella specie non sono stati certamente superati i limiti della non discriminazione e della effettività della tutela, posto che il giudicato si è formato a seguito di una libera scelta processuale compiuta dalla parte che ha impugnato due volte, in due distinti processi, i medesimi atti; in ogni caso, pur volendo prescindere dalla su illustrata preclusione processuale, nel particolare caso di specie non è configurabile a carico del giudice di ultima istanza l’obbligo di rimettere la questione di interpretazione pregiudiziale alla Corte di giustizia; costante nella giurisprudenza della Corte di Lussemburgo è l’affermazione secondo cui, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici, spetta unicamente al giudice nazionale, il quale è investito della controversia e deve assumersi la responsabilità della futura pronuncia giurisdizionale, valutare sia la necessità di una decisione in via pregiudiziale ai fini della pronuncia della propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che esso propone alla Corte; ne discende che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione europea sollevate dal giudice nazionale godono di una presunzione di pertinenza, che può essere esclusa solo in casi eccezionali, qualora risulti manifestamente che la sollecitata interpretazione delle disposizioni del diritto comunitario non abbia alcun rapporto con la realtà o con l’oggetto della causa principale o qualora il problema sia di natura ipotetica o la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per risolvere utilmente le questioni che le vengono sottoposte (in tal senso, Corte giust. 6 novembre 2008, n. 248/07); coerentemente l’obbligo di rinvio pregiudiziale, secondo la stessa Corte di giustizia (cfr. fra le tante, sez. IV, 18 luglio 2013, n. 136/12; 6 novembre 2008, n. 248/07 cit.; 11 settembre 2008, n. 428-434/06; 6 ottobre 1982, n. 283/81; sulla medesima scia la giurisprudenza nazionale, Cons. St., sez. V, 7 novembre 2012, n. 5649; sez. VI, 19 agosto 2009, n. 4996; Cass., 22 settembre 2006, n. 20708), non è assoluto allorquando la questione:
I) non può influire sull’esito della causa;
II) è identica ad altra già decisa in via pregiudiziale;
III) quando la corretta applicazione del diritto comunitario si impone con tale evidenza da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio sulla soluzione da dare in concreto alla vicenda contenziosa; alle medesime conclusioni è pervenuta, da ultimo, la Corte europea dei diritti dell’uomo che ha escluso, da un lato, che sussista il diritto incondizionato dei singoli cittadini a vedere sempre sollevata una questione pregiudiziale interpretativa da parte di una corte suprema, dall’altro, e in coerenza con la premessa maggiore, la responsabilità dello Stato membro ai sensi dell’art. 6, § 1, CEDU fatte salve limitate eccezioni che non ricorrono nel caso di specie (cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo, sez. II, 8 marzo 2012, nn. 3989/97 e 38353/07); nella specie è pacifico che la prospettata questione di rinvio pregiudiziale è stata già esaminata e risolta funditus dalla Corte di giustizia (sez. VI, 12 febbraio 2004, C-230/02) nel senso che l’impresa che non partecipa alla gara non può in nessun caso contestare l’aggiudicazione in favore di ditte terze
».

Daniele Majori – Avvocato Amministrativista – Roma

Fonte:www.giustizia-amministrativa.it

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