(Tar Lazio, Roma, sez. I, 17 settembre 2013, n. 8314)
«Per il primo motivo di ricorso, la decisione della stazione appaltante di richiedere alle ricorrenti di comprovare i requisiti, dichiarati ai fini della partecipazione, contrasterebbe con il disposto dell’art. 13, III comma, della l. 11 novembre 2011, n. 180.
3.2. Tale legge, il cd. Statuto delle imprese, ha invero introdotto, tra le altre, una serie di previsioni finalizzate a favorire lo sviluppo dell’attività imprenditoriale delle micro, piccole e medie imprese: tra queste rientrano – per il combinato disposto dell’art. 5, I comma, lett. a), della stessa l. 180/11, e dell’art. 2 della raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea n. L 124 del 20 maggio 2003 – quelle che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni, oppure il cui totale del bilancio annuo non supera i 43 milioni di curo.
3.3. Ebbene, il citato art. 13, IV comma, stabilisce, in termini generali che “La pubblica amministrazione e le autorità competenti, nel caso di micro, piccole e medie imprese, chiedono solo all’impresa aggiudicataria la documentazione probatoria dei requisiti di idoneità previsti dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”, soggiungendo che, nel caso in cui l’impresa non sia in grado di comprovare il possesso dei requisiti si applicano le sanzioni previste dalla legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché la sospensione dalla partecipazione alle procedure di affidamento per un periodo di un anno.
3.4. La previsione vieta, quindi, alle stazioni appaltanti di controllare se il concorrente, rientrante nell’ambito soggettivo di applicazione della norma, possegga effettivamente i requisiti dichiarati con la domanda di partecipazione alla gara, e ciò fino all’esito della stessa, se a quegli favorevole.
3.5. Orbene, in ciò seguendo parte ricorrente, non si vede perché tale norma speciale, evidentemente destinata a esonerare le imprese minori dall’onere economico che la dimostrazione dei requisiti comporta, non dovrebbe applicarsi anche nella fase di verifica, di cui all’art. 48 cit., e non dovrebbe riguardare anche le imprese di progettazione ex art. 53 cit., accumunate alle altre dall’onere economico suddetto.
4.1. Ora, parte ricorrente ha documentato che sia [l’odierna ricorrente], sia [il soggetto dalla stessa incaricato delle attività di progettazione], rientrano nell’ambito soggettivo di applicazione della norma, avendo meno di 250 dipendenti ed un fatturato annuo al di sotto dei 50 milioni di euro.
4.2. Si deve allora riconoscere che la richiesta documentale, cui è seguita l’esclusione dalla procedura, era senz’altro indebita, e ciò costituisce un vizio affatto assorbente.
È irrilevante stabilire se la stazione appaltante abbia correttamente valutato gli elementi trasmessi: non potendo richiederli, essa non aveva, per conseguenza, il potere di apprezzarne il contenuto, né, tanto meno, di escludere conseguentemente dalla gara un partecipante.
5. Il ricorso va pertanto accolto, limitatamente al provvedimento che ha disposto l’esclusione di parte ricorrente dalla procedura di gara».
Daniele Majori – Avvocato Amministrativista – Roma
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
Discussione
Non c'è ancora nessun commento.