(Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana, 25 gennaio 2013, n. 47)
«[I]l giudice di primo grado, in sostanza, ha ritenuto idonee le motivazioni addotte dall’amministrazione per revocare l’atto di aggiudicazione provvisoria evidenziando che per la revoca è sufficiente l’indisponibilità delle somme in bilancio a nulla rilevando che tale circostanza fosse già conosciuta dall’amministrazione.
Per l’appellante, invece, tra l’altro, l’operato dell’ammini-strazione sarebbe illegittimo perché mancherebbero i presupposti per l’atto di revoca e comunque non sarebbe avvenuta, come richiesto dalla legge, una corretta comparazione tra i diversi interessi configgenti.
Nel caso di specie il provvedimento impugnato, dopo aver richiamato sia le previsioni di legge che disponevano una modifica agli impegni di spesa a valere sul bilancio sia la nota a firma del sindaco con la quale si invitava a dare corso agli adempimenti più opportuni in ordine al servizio di assistenza domiciliare agli anziani (al fine di non gravare la spesa di impegni non più sostenibili nel bilancio 2011 e in quello pluriennale 2011/2012 anche per ragioni attinenti al rispetto del patto di stabilità), ha provveduto a revocare l’aggiudicazione provvisoria.
Sul punto il Collegio reputa di aderire a quell’orientamento giurisprudenziale che – pur ritenendo necessaria una congrua motivazione in ordine al modo in cui l’amministrazione contempera i contrastanti interessi nel momento della emanazione dell’atto di revoca – reputa elementi sufficienti per considerare adeguatamente motivato il provvedimento (specie ove si consideri che il procedimento era giunto alla fase dell’aggiudicazione provvisoria e non ancora a quella dell’aggiu-dicazione definitiva) il riferimento all’indisponibilità delle relative somme in bilancio e alla necessità di assicurare il rispetto delle previsioni del bilancio e del patto di stabilità. Sulla questione, come noto, la giurisprudenza ha espresso posizioni analoghe ritenendo che, però, la legittimità della revoca disposta per indisponibilità delle risorse finanziarie non preclude al privato la possibilità di richiedere il risarcimento del danno a titolo di responsabilità precontrattuale.
A giudizio del Collegio, inoltre, nell’operato della pubblica amministrazione non si ravvisa, sotto un profilo della legittimità della serie pubblicistica degli atti amministrativi, contraddittorietà nel comportamento dell’amministrazione perché non vi è dubbio che i provvedimenti amministrativi in questione sono intervenuti in un momento in cui l’amministrazione doveva rivedere le sue scelte in ragione della necessità di contenere le spese.
Né, sotto altro aspetto, l’indifferibilità e l’urgenza della spesa (richiamate a pagina 20 dell’atto l’appello e a pagina 6 del ricorso di primo grado) valgono a porre le somme relative alla stipulazione del contratto in questione al di fuori di possibili decisioni di revisione delle spesa. Se, per un verso, è vero che una delle finalità dell’ammini-strazione è quella di garantire degli adeguati servizi sociali, per altro verso, non c’è dubbio che anche tali decisioni sono sottoposte alla necessità di rispettare le previsioni di bilancio (per un ragionamento analogo, con riferimento al rapporto tra tutela del diritto alla salute e previsione di spesa della pubblica amministrazione si veda Cons. St., III, 18 giugno 2012 n. 3542: «Deve tenersi presente che la tutela della salute, così come salvaguardata dalle norme appena enunciate, deve trovare il giusto contemperamento con i vincoli di bilancio che gli enti locali sono obbligati a rispettare. Se è sicuramente compito del Comune quello di assicurare ai cittadini il godimento del diritto alla salute, soprattutto quando si tratta di classi di soggetti svantaggiati, quale quella dei disabili, è pur vero che tale prioritaria esigenza deve fare i conti con i tetti di spesa prefissati, trovando nelle ordinarie risorse di bilancio un limite invalicabile. Può, pertanto, ritenersi giustificata la graduabilità nell’attuazione di taluni diritti sociali – nella specie la misura del contributo economico – in ragione del coordinamento tra i servizi considerati socialmente necessari ed il concomitante utilizzo della finanza pubblica. La necessità di contemperare le prestazioni rese a tutela della salute con i necessari vincoli di bilancio è stata, peraltro, recentemente ribadita dall’Adunanza Plenaria 12 aprile 2012 n. 3 che, nella diversa ipotesi della legittimità della determinazione regionale che definisce i tetti di spesa per i servizi sanitari in corso d’anno, ritiene tali vincoli di bilancio indispensabili, date le insopprimibili esigenze di equilibrio finanziario e di razionalizzazione della spesa pubblica. Anzi, soggiunge l’Adunanza Plenaria, tale pianificazione finanziaria assume una valenza imprescindibile in quanto la determinazione dei limiti di spesa costituisce l’adempimento di un ineludibile obbligo che influisce sulla stessa possibilità di attingere le risorse necessarie per la remunerazione delle prestazioni erogate»).
Anche la censura proposta a pagina 24-25 dell’atto d’appello (che risulta ammissibile solo nei limiti in cui era già stata proposta nel ricorso principale in primo grado e precisamente a pagina 8) deve essere respinta in ragione del fatto che l’esistenza di alcuni atti a monte della gara in questione – tra l’altro le delibere di giunta municipale – che avevano ritenuto esistente la copertura finanziaria con riferimento alla stipulazione del contratto di appalto oggetto dell’odierna controversia non sono sintomo di una contraddittorietà dell’operato dell’amministrazione e della conseguente illegittimità dell’atto di revoca impugnato perché a tacer d’altro rimane integro il potere/dovere dell’amministrazione di rivedere i suoi impegni di spesa in ragione delle mutate condizioni delle risorse finanziarie disponibili.
In altri termini, sul versante degli appalti pubblici, deve essere ribadito il consolidato indirizzo giurisprudenziale per il quale nei contratti pubblici, anche dopo l’intervento dell’aggiudicazione definitiva (nel caso di specie solo provvisoria), non è precluso all’amministrazione appaltante di revocare l’aggiudicazione stessa, in presenza di un interesse pubblico individuato in concreto, del quale occorre dare atto nella motivazione del provvedimento di autotutela. Per le stesse ragioni può richiamarsi quella giurisprudenza che individua nella mancanza di risorse economiche idonee a sostenere la realizzazione dell’opera, quell’interesse pubblico che giustifica il provvedimento di revoca (Adunanza Plenaria, 5 settembre 2005, n. 6). A ciò aggiungasi che la giurisprudenza ha reputato legittimo “il diniego di approvazione degli atti di una gara d’appalto motivato con riferimento alla mancanza dei fondi necessari per la realizzazione dell’opera, atteso che il corretto svolgimento dell’azione amministrativa ed un principio generale di contabilità pubblica risalente all’art. 81 della Costituzione esigono che i provvedimenti comportanti una spesa siano adottati soltanto se provvisti di adeguata copertura finanziaria” (Cons. St., III, 11 luglio 2012 n. 4116)».
Daniele Majori – Avvocato Amministrativista
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
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