(Tar Puglia, Lecce, sez. I, 21 febbraio 2013, n. 398)
«Il ricorso originario avverso il provvedimento del Comune del 27 maggio 2011, con cui è stato disposto il rigetto della domanda, avverso il provvedimento dell’Asl del 21 febbraio 2011 e avverso le note della Provincia dell’11 maggio 2011 e del 19 maggio 2011, deve essere dichiarato improcedibile, perché le amministrazioni hanno poi adottato nuovi provvedimenti, impugnati con i motivi aggiunti.
[…]
In particolare, il Comune, con provvedimento del 2 aprile 2012, ha disposto di non indire la conferenza di servizi perché “non sussiste il requisito della insufficienza delle aree”, e, quindi, con questo provvedimento risulta superato anche il parere dell’Asl dato che questo riguarda una fase procedimentale superata dal nuovo provvedimento comunale.
La Provincia, dal canto suo, con un nuovo provvedimento del 10 maggio 2012, ha comunicato i motivi ostativi al rilascio dell’autorizzazione alle emissioni..
2. Il ricorso per motivi aggiunti proposto avverso il provvedimento comunale del 2 aprile 2012, con il quale è stato disposto di non indire la conferenza di servizi perché “non sussiste il requisito della insufficienza delle aree”, perché è stato approvato il piano per gli insediamenti produttivi, è fondato.
Ai sensi dell’art. 5, d.P.R. 20 ottobre 1998 n. 447, dovendosi procedere all’introduzione di una variante al piano regolatore generale necessaria per la realizzazione di un impianto produttivo, la conferenza di servizi può essere utilizzata come procedimento urbanistico alternativo solo in presenza di due presupposti: in primo luogo, la conformità del progetto alle norme vigenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza del lavoro; in secondo luogo, che lo strumento urbanistico non individui aree destinate all’insediamento di impianti produttivi ovvero queste siano insufficienti in relazione al progetto presentato.
Per quanto riguarda il requisito dell’insufficienza delle aree, la giurisprudenza di questo Tribunale ha precisato “ l’indisponibilità di aree posta dall’art. 5 quale primo requisito per l’avvio dell’iter di variante cd. “semplificata” non dev’essere valutata avendo solo come unico punto di riferimento l’esistenza – o meno – di terreni immediatamente utilizzabili, sui quali sia dunque possibile edificare sulla base del rilascio diretto di un titolo edilizio ma, invece, esaminando il complesso delle aree libere aventi una destinazione urbanisticamente compatibile con l’intervento in oggetto: la normativa in parola, infatti, di stretta interpretazione per il suo carattere derogatorio, non prevede in alcun modo che l’eventuale necessità di una iniziativa pianificatoria di secondo grado, pubblica o privata, escluda l’idoneità di una zona all’ubicazione di insediamenti produttivi, consentendo appunto l’eccezione allo strumento urbanistico soltanto nei casi in cui lo stesso, in termini generali, non individui aree destinate all’insediamento di impianti produttivi, ovvero queste siano insufficienti in relazione al progetto presentato” (Tar Lecce, sez. I, 12 aprile 2012, n. 620).
Nel caso in esame, proprio l’applicazione di questi principi, porta a ritenere l’insussistenza delle aree in questione.
Infatti, la mera approvazione del PIP non può essere considerata quale valido motivo di diniego, laddove non siano comunque disponibili le aree in questione, perché la disponibilità di queste aree deve essere valutata in concreto e non in astratto.
Nel caso in esame, proprio la verifica in concreto porta a ritenere l’insussistenza delle aree, perché il Comune, pur avendo approvato il PIP, non ha ancora provveduto a rendere l’approvazione in questione effettiva; infatti, risulta che non sono state ancora effettuate le espropriazioni necessarie per consentire l’assegnazione delle aree industriali a chi ne abbia interesse.
D’altronde, l’insussistenza delle aree risulta anche dal provvedimento comunale del 16 novembre 2011, che, dopo aver accertato la mancanza delle aree in questione, aveva indetto una conferenza di servizi ex art. 5 d.P.R. 1998/447.
In sostanza, è illegittimo il provvedimento comunale laddove ha ritenuto che la mera approvazione del PIP comportasse automaticamente l’esistenza di aree industriali».
Daniele Majori – Avvocato Amministrativista
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
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