(Tar Campania, Napoli, sez. I, 9 gennaio 2013, n. 204)
«Ritenuto che il ricorso, come integrato dai motivi aggiunti, si presta ad essere definito con sentenza in forma semplificata, attesa la sua manifesta fondatezza nei limiti delineati dal prosieguo della trattazione;
Premesso che:
– l’odierna impugnativa tende ad infirmare essenzialmente l’informativa interdittiva antimafia della Prefettura di Napoli prot. I/9747/Gab/VI° Sett. del 5 febbraio 2002 ed il conseguente provvedimento di revoca del contributo concesso alla società ricorrente ai sensi della legge n. 488/1992;
– tale provvedimento di revoca è stato reso con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico prot. n. 323 del 22 maggio 2012, ossia successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti;
Rilevato che:
– l’oggetto del presente giudizio deve essere circoscritto alla sola informativa prefettizia in virtù dell’inammissibilità dell’impugnativa del provvedimento di revoca del contributo, non potendo la cognizione del giudice amministrativo involgere atti che, come il citato decreto ministeriale, non erano stati ancora emanati al momento della presentazione dei relativi mezzi di gravame;
– a conferma dell’esposta perimetrazione milita anche il comportamento processuale assunto dalla stessa istante, la quale è insorta avverso il decreto in parola con autonomo ricorso attualmente pendente presso questo Tribunale (n.r.g. 4232/2012);
Considerato, quanto alla gravata misura interdittiva, che:
– essa trova sostegno nel giudizio di controindicazione espresso nella nota informativa del Comando Provinciale dei Carabinieri di Napoli prot. n. 12/3-2002 “R” del 24 gennaio 2002, la quale ha ritenuto sussistente il pericolo di infiltrazione mafiosa a carico della società ricorrente sulla base di una serie di circostanze di fatto coperte da “omissis”;
– è rimasto inevaso, da parte della Prefettura di Napoli, l’ordine istruttorio impartito con ordinanza collegiale n. 1810 del 18 aprile 2012, poi reiterato con ordinanza collegiale n. 3214 del 5 luglio 2012, con cui si è intimato il deposito della versione integrale (senza “omissis”) della menzionata nota informativa;
– tale ordine istruttorio, contrariamente a quanto opinato dalla difesa erariale, non incontra limiti alla sua esecuzione derivanti dall’eventuale inaccessibilità della nota informativa di polizia, peraltro sconfessata nel caso specifico dalla sentenza di questo Tribunale n. 3350/2003 (pacificamente passata in giudicato), dal momento che in sede giurisdizionale non sono ipotizzabili in linea di principio restrizioni alla piena acquisizione e conoscenza del materiale documentale rilevante ai fini processuali, pena la compromissione delle fondamentali prerogative di difesa costituzionalmente garantite;
– d’altronde, le limitazioni al diritto di accesso documentale enucleabili dalla legge sul procedimento amministrativo e dai vari regolamenti attuativi sono opponibili da parte dell’amministrazione solo nei confronti dei privati ma giammai nei confronti dell’autorità giudiziaria, i cui poteri istruttori, essendo manifestazione della funzione giurisdizionale, non sono affatto riconducibili all’ambito delle modalità di esercizio del diritto di accesso e rinvengono la loro disciplina esclusivamente nelle norme di diritto processuale;
– il comportamento processuale inottemperante tenuto dall’amministrazione statale dell’Interno, valutato ai sensi dell’art. 64, ultimo comma, c.p.a., induce il Collegio a ritenere plausibile la tesi attorea che la nota informativa dei Carabinieri sia confluita nel procedimento finalizzato all’emissione dell’interdittiva coperta dagli “omissis” e che, pertanto, l’autorità prefettizia abbia assunto le sue determinazioni sulla base di informazioni di polizia non circostanziate negli elementi di controindicazione;
– di conseguenza, come puntualmente censurato dalla società ricorrente, la misura interdittiva non può non appalesarsi affetta da difetto di istruttoria e di motivazione, non cogliendosi nella sua trama argomentativa, desumibile anche “per relationem” dagli atti endoprocedimentali, alcun elemento significativo dei tentativi di infiltrazione mafiosa, attesa l’evidente insufficienza di un rapporto informativo dei Carabinieri privo della concreta indicazione dei fattori ritenuti indizianti;
– in altri termini, sebbene sia vero che le misure interdittive antimafia vengono emesse sulla base di accertamenti sommari e probabilistici, che non raggiungono né possono raggiungere le certezze che scaturiscono dai giudizi penali, è anche vero che esse debbono poggiare, a differenza di quanto verificatosi nel caso di specie, su quadri indiziari sufficienti, in cui l’autorità preposta deve precisare tutti gli elementi a sua conoscenza in grado di incidere sugli apprezzamenti in corso di definizione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 dicembre 2009 n. 7646);
Ritenuto, in conclusione, che:
– quanto esposto conforta la prognosi di illegittimità della gravata informativa prefettizia, che merita di essere annullata con assorbimento delle rimanenti censure in questa sede non esaminate, ferma restando, in ogni caso, la salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa;
– nei limiti sopra precisati deve essere accolto l’odierno ricorso, come integrato dai motivi aggiunti, mentre sussistono giusti motivi, in virtù della delicatezza della vicenda contenziosa, per compensare tra le parti le spese e gli onorari di giudizio ad eccezione del contributo unificato, il cui importo dovrà essere rifuso in favore della società ricorrente a cura del Ministero dell’Interno».
Daniele Majori – Avvocato Amministrativista
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
Discussione
Non c'è ancora nessun commento.