Espropriazione per pubblica utilità, Giustizia amministrativa, Risarcimento del danno

Il proprietario del fondo illegittimamente occupato dall’Amministrazione, ottenuta la declaratoria di illegittimità dell’occupazione e l’annullamento dei relativi provvedimenti, può legittimamente domandare nel giudizio di ottemperanza sia il risarcimento, sia la restituzione del fondo che la sua riduzione in pristino.

(Consiglio di Stato, sez. IV, 29 agosto 2012, n. 4650)

«[A]i fini della definizione della presente controversia, occorre considerare:
– sia l’intervenuta espunzione dal nostro ordinamento dell’istituto dell’acquisizione de facto della proprietà in mano pubblica, a seguito della realizzazione di un’opera pubblica;
– sia l’intervenuto annullamento dell’art. 43 DPR n. 427/2001;
– sia l’intervenuta introduzione – proprio a seguito della pronuncia della Corte costituzionale – nel nostro ordinamento (ed in particolare nel Testo Unico Espropriazioni di cui al DPR n. 327/2001), dell’art. 42-bis.
Quanto al primo aspetto, questa Sezione ha già precisato (Consiglio di Stato, sez. IV, 30 gennaio 2006, n. 290; 7 aprile 2010 n. 1983) che l’intervenuta realizzazione dell’opera pubblica non fa venire meno l’obbligo dell’amministrazione di restituire al privato il bene illegittimamente appreso; e ciò superando l’interpretazione che riconnetteva alla costruzione dell’opera pubblica e all’irreversibile trasformazione effetti preclusivi o limitativi della tutela in forma specifica del privato.
Infatti, partendo dall’esame della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, deve ritenersi che il quadro normativo e giurisprudenziale nazionale previgente non fosse aderente alla Convenzione europea e, in particolare, al Protocollo addizionale n. 1 (sentenza Cedu 30 maggio 2000, ric. 31524/96).
Nella sentenza citata, la Corte ha ritenuto che la realizzazione dell’opera pubblica non costituisca impedimento alla restituzione dell’area illegittimamente espropriata, e ciò indipendentemente dalle modalità – occupazione acquisitiva o usurpativa – di acquisizione del terreno. Per tali ragioni, il proprietario del fondo illegittimamente occupato dall’amministrazione, ottenuta la declaratoria di illegittimità dell’occupazione e l’annullamento dei relativi provvedimenti, può legittimamente domandare nel giudizio di ottemperanza sia il risarcimento, sia la restituzione del fondo che la sua riduzione in pristino.
La realizzazione dell’opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato è in sé un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell’acquisto, come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà, per cui solo il formale atto di acquisizione dell’amministrazione può essere in grado di limitare il diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi (rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia) della proprietà in altri comportamenti, fatti o contegni.
Ne discende (fermo quanto di seguito esposto) che, nelle more dell’introduzione del nuovo art. 42-bis e dopo l’annullamento per illegittimità costituzionale dell’art. 43 T.U. espropriazioni, la giurisprudenza di questa Sezione ha affermato che è obbligo primario dell’amministrazione procedere alla restituzione della proprietà illegittimamente detenuta.
Quanto al secondo aspetto, osserva la Sezione che, stante la sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 43 DPR n. 327/2001 (Testo unico espropriazioni), per effetto della sentenza della Corte Costituzionale 4 ottobre 2010 n. 293, non può più essere azionato il meccanismo procedimentale accelerato ivi previsto.
D’altra parte, l’amministrazione deve valutare l’attivazione di quanto ora previsto dall’art. 42-bis DPR n. 327/2000, sulla base dei criteri indicati dalla giurisprudenza di questa Sezione (si veda Cons. Stato, sez. IV, 16 marzo 2012 n. 1514)
».

Daniele Majori – Avvocato Amministrativista in Roma

Fonte:www.giustizia-amministrativa.it

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