(Consiglio di Stato, sez. II, 13 febbraio 2023, n. 1488)
«L’art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, riconduce alla medesima condotta dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire un abuso edilizio due distinte sanzioni, rispettivamente di natura ablatoria (l’acquisizione del bene al patrimonio del Comune) e pecuniaria (la corresponsione di una somma di danaro ricompresa nella forbice edittale da euro duemila a euro ventimila, misura massima sempre applicabile laddove l’illecito sia stato realizzato in zona sottoposta a vincolo). Quest’ultima, peraltro, non figurava nella formulazione originaria della norma, ma vi è stata inserita con l’aggiunta dei commi 4-bis, 4-ter e 4-quater, per effetto dell’art.17, comma 1, lett. q-bis), della l. 11 novembre 2014, n.164, di conversione, con modifiche, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, al chiaro scopo di rinforzare l’efficacia del precetto. Garantire, infatti, per quanto possibile, l’esecuzione spontanea delle intimate demolizioni, oltre a corrispondere a evidenti principi di effettività della sanzione, soddisfa anche intuibili esigenze di economia procedimentale, evitando che le Amministrazioni siano onerate, anche finanziariamente, dei relativi adempimenti che traslano sulle stesse unitamente alla titolarità del bene.
9. La Sezione ha già avuto modo di approfondire la natura e i principi applicabili a ridetto procedimento sanzionatorio, avuto riguardo alla richiamata conseguenza ablatoria, che per la sua innegabile afflittività impone necessariamente l’individuazione di momenti di garanzia del contraddittorio e di ricerca di profili di colpevolezza (v. Cons. Stato, sez. II, 20 gennaio 2023, n. 714, alle cui conclusioni ci si riporta interamente). Viene cioè in evidenza uno dei requisiti in presenza dei quali si può parlare di sanzione “sostanzialmente penale”, ovvero il suo elevato grado di severità (v. sentenze 4 marzo 2014, r. n. 18640/10, resa nella causa Grande Stevens e altri c. Italia; 10 febbraio 2009, ric. n. 1439/03, resa nella causa Zolotoukhine c. Russia; v. anche Corte di giustizia UE, grande sezione, 5 giugno 2012, n. 489, nella causa C-489/10).
9.1. La condivisione nel nucleo comportamentale dell’illecito finisce dunque per attrarre, anche per tale ragione, entrambe le sanzioni sotto l’egida garantista della colpevolezza e del contraddittorio, seppure nei limiti che si diranno.
10. Il comma 4-bis dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 impone all’ «Autorità competente», una volta «constatata l’inottemperanza» alla demolizione, di irrogare la sanzione pecuniaria ivi prevista, rafforzandone l’obbligo con il richiamo alle responsabilità dirigenziali, disciplinari, amministrativo-contabili e penali conseguenti alla mancata o tardiva emanazione del provvedimento da parte del soggetto che vi è tenuto, sulla base dell’ordinamento dell’Amministrazione coinvolta. Il precedente comma 4, a sua volta, attribuisce al medesimo accertamento dell’inottemperanza, purché «previa notifica all’interessato», la portata di «titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari», con ciò rendendo effettiva l’ablazione, la cui ricordata natura sanzionatoria autonoma è stata da sempre riconosciuta dalla giurisprudenza amministrativa (v. ancora Cons. Stato, n. 714 del 2023, cit. supra; nonché C.G.A.R.S., 25 marzo 2022, n. 373). A ciò consegue che da quel momento in poi il trasgressore non è più in condizione di procedere spontaneamente, avendo lo spossessamento determinato il passaggio del relativo onere sull’Amministrazione procedente.
11. Proprio in ragione della considerazione che in linea teorica fino a ridetto spossessamento il privato è tenuto a demolire, la giurisprudenza ha qualificato l’illecito di cui è causa come permanente (v. C.G.A.R.S., sezioni riunite, 27 dicembre 2022, n. 629, riferita tuttavia ad una fattispecie di inottemperanza accertata prima dell’entrata in vigore del comma 4-bis dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001).
11.2. Senza entrare nel merito della esatta sistematizzazione dell’illecito (permanente, appunto, o istantaneo con effetti permanenti), certo è che esso diviene ascrivibile all’«interessato» (ovvero il proprietario dell’immobile, che può anche essere soggetto diverso dal «responsabile dell’abuso» su cui grava la sanzione “reale” della demolizione) solo dopo la «previa notifica» dell’accertamento, che a sua volta deve essere effettuato decorsi novanti giorni dall’ingiunzione.
Ritiene il Collegio che venga così a crearsi una sorta di procedimento a formazione successiva che esige il rispetto di tutte le scansioni procedurali indicate dalla norma: l’elemento materiale del fatto non si identifica in realtà con la mancata demolizione spontanea, ma coincide con il suo accertamento, che peraltro finisce nella prassi per collocarsi ben più avanti nel tempo rispetto alla scadenza dei previsti novanta giorni; la verifica dell’elemento psicologico è ulteriormente postergata alla notifica dell’accertamento, che consente al proprietario di discolparsi, seppure le relative modalità non risultino codificate, evitando ablazione e sanzione pecuniaria, ma non, ovviamente, la demolizione, che ne prescinde».
Daniele Majori – Avvocato cassazionista e consulente aziendale
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
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