Edilizia e urbanistica

Se il PRG consente, in una determinata zona, nuove edificazioni (nei lotti liberi) senza alcuna limitazione circa le destinazioni d’uso, deve ritenersi ammesso, nella stessa zona, anche il mutamento d’uso volto ad utilizzare un bene preesistente per una delle attività espressamente consentite dalle stesse NTA.

(Tar Sicilia, Palermo, sez. II, 18 dicembre 2020, n. 2920)

«Punto focale della controversia è la corretta interpretazione delle disposizioni dettata dalle NTA del p.r.g. del Comune […] che regolano gli interventi edilizi e le attività che possono essere realizzate nella zona territoriale in cui ricade l’immobile per cui è causa, e segnatamente degli artt. 13 e 14 di tali NTA.
Secondo la difesa del Comune […] poiché l’art. 14 delle NTA, relativo alle zone D1, in cui ricade l’immobile in questione, è ammesso “il mutamento d’uso con l’istallazione di nuovi impianti industriali e artigianali”, deve a contrario ritenersi preclusa la possibilità di autorizzare qualsiasi diverso mutamento d’uso, seppur diretto ad utilizzare un bene preesistente per una delle attività consentite dal precedente art. 13, nella zona territoriale che viene in rilievo.
Diversamente ritiene parte ricorrente che la lettura coordinata di tali artt. 13 e 14 consenta la possibilità di modificare la destinazione di un bene già esistente da industriale a commerciale, in quanto utilizzi entrambi consentiti in zona D.
In primo luogo ritiene il Collegio, con riferimento ad uno degli argomenti utilizzati dalla difesa del Comune, che dall’art. 3 del D.P.R. n. 380 del 2001 non possa trarsi alcun argomento a sostegno di alcuna tesi.
Tale articolo 3 mira a qualificare i vari interventi edilizi astrattamente realizzabili, al fine di rendere chiare le successive norme che alla tipologia di ciascun intervento connettono un diverso regime autorizzazione e repressivo; ma non intendono dettare alcuna disposizione su quando e se è possibile consentire il mutamento di destinazione d’uso, ipotesi del tutto differente che potrebbe anche non richiedere alcuna opera edilizia.
I riferimenti al cambio di destinazione urbanistica, contenuti alle lett. b) e c) dell’art. 3, hanno quindi esclusivamente lo scopo di individuare più puntualmente l’intervento edilizio al quale intendono riferirsi e, nel caso della lett. b), si vuole precisare che eventuali opere che già, per la loro intrinseca natura, preludono ad una modifica di destinazione d’uso non possono rientrare nell’ambito della manutenzione ordinaria; cosa che evidentemente non vuol dire che non possa essere richiesto il mutamento di destinazione d’uso per un immobile per il quale sono state effettuate opere di manutenzione ordinaria, o per il quale, in ipotesi, non è stata effettuata alcuna opera.
Chiarito pertanto che la questione per cui è causa va risolta esclusivamente attraverso la corretta interpretazione delle NTA del comune […], il Collegio ritiene preferibile l’interpretazione di tali norme sostenuta da parte ricorrente.
Invero l’art. 13 delle NTA prevede, per le zone D, sia la destinazione industriale che quella commerciale; inoltre il comma 3 dell’art. 14, espressamente dettato per le zone D1, consente nuove edificazioni, nei lotti liberi, senza alcuna limitazione circa le destinazioni previste per le zone D dal precedente art. 13, consentendo quindi anche la realizzazione di edifici per scopi commerciali.
Ciò considerato sarebbe veramente inspiegabile ed irragionevole prevedere che ciò che può essere fatto in edifici di nuova costruzione non possa essere svolto negli edifici già esistenti, originariamente destinati ad altra attività, attraverso il loro mutamento di destinazione d’uso.
L’interpretazione propugnata dalla difesa del Comune, pur avendo una sua intrinseca logica, non è l’unica possibile del richiamato comma 1 dell’art. 14 delle NTA, in quanto il fine della disposizione potrebbe essere non quello di escludere i mutamenti di destinazione diversi da quelli espressamente contemplati, ma di rafforzare la possibilità che possano essere effettuati mutamenti di destinazione d’uso anche nelle ipotesi (si potrebbe dire “persino nelle ipotesi”) in cui si intenda istallare un impianto industriale o artigianale.
Il Collegio ritiene che debba essere preferita quest’ultima lettura, in quanto evita di pervenire alle incongruenti conseguenze – già evidenziate – dell’interpretazione delle disposizioni che vengono in rilievo seguita dal Comune […], oltre a risultare la più coerente con la previsione del precedente art. 13, sulle destinazioni compatibili con la zona D».

Daniele Majori – Avvocato e consulente aziendale

Fonte:www.giustizia-amministrativa.it

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