(Tar Campania, Napoli, sez. VI, 30 settembre 2016, n. 4508)
«[L]a domanda di accesso di cui è causa è stata formulata ai sensi della legge n. 241 del 1990. Come affermato dalla giurisprudenza l’accertamento del diritto di accesso ai sensi dell’art. 22 (o dell’art. 10) della legge n. 241/1990 ossia del “diritto degli interessati di prendere visione ed estrarre copia dei documenti amministrativi” è cosa diversa dal diritto della generalità dei cittadini alla più ampia accessibilità alle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività della pubblica amministrazione che si realizza tramite la pubblicazione obbligatoria di una serie di documenti e che è disciplinata dal d.lg. n. 33/2013 (cfr. C.d.S. n. 5515/2013). I due istituti (accesso ai sensi della legge n. 241/1990 e accesso civico ai sensi dell’art. 5 del d.lg. n. 33/2013) operano, pertanto, su piani distinti avendo diversi presupposti e disciplina. Nella fattispecie, parte ricorrente ha deciso con la propria domanda di avvalersi dell’accesso “tradizionale” e non dell’accesso civico e non può in questa sede invocare le disposizioni in materia di obblighi di pubblicazione.
In conclusione, in assenza di ulteriori specificazioni, risulta abnorme e sproporzionata la richiesta di tutti i documenti contabili e le fatture dei precedenti gestori del servizio. Come evidenziato dalla giurisprudenza l’interesse dell’istante alla conoscenza dei documenti amministrativi deve essere necessariamente comparato con altri interessi rilevanti, fra cui quello dell’amministrazione a non subire eccessivi intralci nella propria attività gestoria, garantita anche a livello costituzionale; sì che, anche per tale aspetto, il fine di generale verifica dell’attività amministrativa resta estraneo alla finalità per la quale risulta legislativamente previsto lo specifico strumento dell’accesso (Consiglio Stato, sez. IV, 26 novembre 2009 , n. 7431)».
Daniele Majori – Avvocato e consulente aziendale
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
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