(Consiglio di Stato, sez. III, 8 settembre 2016, n. 3827)
«Dispone l’art. 2, comma 1, della L. 241/90 che: “Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso. Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo”.
In presenza di una formale istanza, l’Amministrazione è dunque tenuta a concludere il procedimento anche se ritiene che la domanda sia irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, non potendo rimanere inerte: il Legislatore, infatti, ha imposto alla P.A. di rispondere in ogni caso (tranne i casi limite di pretestuosità, che qui non rilevano) alle istanze dei privati nel rispetto dei principi di correttezza, buon andamento, trasparenza, consentendo alle parti di difendersi in giudizio in caso di provvedimenti lesivi dei loro interessi giuridici.
8.2 – Nel caso di specie, il Centro appellante ha presentato in data 30 aprile 2012 la domanda di accreditamento istituzionale per la propria struttura sanitaria privata, rientrante nell’ambito della categoria delle RSA e Centri Diurni per disabili non autosufficienti, ex art. 1, comma 237 octo-decies della L.R. n. 23 del 2011 (posti letto semiresidenziali 20).
Nella domanda, esso ha dichiarato di essere titolare dell’autorizzazione all’esercizio, rilasciata ai sensi della deliberazione di G.R. n. 3958 del 7 agosto 2001 e s.m.i. (autorizzazione n. 4377 del 19 aprile 2005) e di essere titolare dei requisiti ulteriori prescritti per l’accreditamento istituzionale dal regolamento 1/2007 (cfr. doc. n. 4 fascicolo di parte appellante).
8.3 – A fronte di tale domanda, sussisteva l’obbligo per l’Amministrazione (Regione e/o Commissario ad acta) di concludere il procedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso.
La norma recata dall’art. 1, comma 237 octodecies, della L.R. 4/2011 dispone, infatti, che: “Al fine di colmare la carenza regionale di offerta in specifici ambiti assistenziali, le strutture destinate ad erogare prestazioni di assistenza palliativa ai malati terminali (hospice) e di assistenza ai disabili e anziani non autosufficienti (Residenze Sanitarie Assistenziali), che siano state autorizzate all’esercizio ed in possesso dei requisiti ulteriori per l’accreditamento di cui al Reg. Reg. n. 1/2007, possono, in deroga a quanto previsto dalla legge regionale n. 4/2011, art. 1, commi da 237-quater a 237-unvicies, operare in regime di accreditamento. Tali strutture presentano domanda per la conferma dell’accreditamento istituzionale secondo le modalità e nei termini di cui alla legge regionale n. 4/2011, articolo 1, comma 237-quinquies. Con dette strutture le ASL stipulano contratti, nei limiti fissati da appositi provvedimenti commissariali che individuano la copertura finanziaria”.
Come ha correttamente rilevato la difesa dell’appellante, detta disposizione contiene una deroga rispetto al regime generale valevole per le altre strutture sanitarie, sicchè i principi richiamati dal giudice di primo grado non possono applicarsi al caso di specie, in quanto non tengono conto della specifica disciplina derogatoria in base alla quale è stata presentata la domanda di accreditamento.
Peraltro, neppure può ritenersi che il procedimento si fosse bloccato con l’adozione della delibera della ASL n. 2208 del 30 dicembre 2013, poiché l’efficacia di detta delibera è stata sospesa in sede giurisdizionale, ed anzi, dopo le due ordinanze cautelari, il procedimento diretto alla definizione dell’istanza si era riattivato ed il Sub Commissario ad acta – con nota del 10 aprile 2015 – aveva dichiarato l’obbligo della Regione di provvedere sull’istanza di accreditamento (cfr. doc. n. 3 fascicolo della Regione).
8.4 – Né può condividersi la tesi regionale diretta a sostenere l’inesistenza dell’obbligo di provvedere in considerazione della mancanza dei requisiti per poter ottenere l’accreditamento istituzionale (cfr. memoria della Regione Campania).
Osserva al riguardo la Sezione che la dedotta insussistenza dei requisiti – da accertarsi a cura dell’Amministrazione procedente – avrebbe potuto comportare il rigetto dell’istanza, ma non consentiva all’Amministrazione di rimanere inerte, costringendo l’interessato ad attivarsi in sede giurisdizionale per ottenere – solo all’esito del giudizio – l’adozione di quel provvedimento espresso che, invece, avrebbe dovuto essere adottato secondo il chiaro dettato normativo nel rispetto dei termini di conclusione del procedimento.
Del resto, all’esito del giudizio sul silenzio dell’Amministrazione il giudice amministrativo deve limitarsi a rilevare se un obbligo di provvedere vi sia e se il provvedimento sia stato emesso.
Per l’art. 31, comma 3, del codice del processo amministrativo «Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione», il che significa – da un lato – che se si tratta di «attività vincolata» il giudice «può» e non ‘deve’ valutare se sia il caso di pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa e – dall’altro – se si tratta di attività discrezionale l’Amministrazione deve in ogni caso svolgere i suoi compiti istituzionali e provvedere, con valutazioni che non possono essere sostituite da quelle del giudice.
9. – L’appello va dunque accolto e, in riforma della sentenza di primo grado, va accolto il ricorso di primo grado e, per l’effetto, va dichiarata l’illegittimità del silenzio prestato dalla Regione Campania e dal Commissario ad acta per la prosecuzione del piano di rientro regionale.
Va conseguentemente ordinato alle suddette amministrazioni di concludere il procedimento mediante l’adozione di un provvedimento che provveda sull’istanza di accreditamento istituzionale presentata dall’appellante il 30 aprile 2012 entro il termine di giorni novanta, decorrente dalla comunicazione o dalla notifica della presente sentenza».
Daniele Majori – Avvocato e consulente aziendale
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
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