(Tar Sicilia, Palermo, sez. II, 5 ottobre 2015, n. 2436)
«[S]econdo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, se un terreno è rimasto privo di regolamentazione a causa della decadenza dei vincoli di natura espropriativa, non vi è dubbio che il proprietario possa presentare un’istanza volta a ottenere l’attribuzione di una nuova destinazione urbanistica – così come è avvenuto nel caso in esame – e che l’amministrazione sia tenuta a esaminarla, anche nel caso in cui la richiesta medesima non sia ritenuta suscettibile di accoglimento, con l’obbligo di motivare congruamente tale decisione.
Ciò posto, va aggiunto che l’obbligo gravante sul Comune, in caso di decadenza di vincolo pre-espropriativo, va assolto mediante l’adozione di una variante specifica o di variante generale, ossia attraverso gli unici strumenti che consentono alle amministrazioni comunali di verificare la persistente compatibilità delle destinazioni già impresse ad aree situate nelle zone più diverse del territorio comunale rispetto ai principi informatori della vigente disciplina di piano regolatore e alle nuove esigenze di pubblico interesse (in termini, Cons. St., IV, 31 maggio 2007, n. 2885).
Il potere di conformazione urbanistica, peraltro, è attribuito dalla legge all’organo consiliare, di talché il semplice avvio del procedimento di revisione del piano regolatore generale comunale non costituisce adempimento da parte del comune dell’obbligo di attribuire la riqualificazione urbanistica alla zona rimasta priva di specifica disciplina a seguito di decadenza del vincolo di destinazione su di essa gravante (così, Cons. St.,V, n. 5675 del 2003, IV, nn. 385 del 2005 e 7131 del 2006).
L’adempimento non elusivo di tale obbligo può essere dato, infatti, soltanto dallo specifico ed effettivo completamento del Piano regolatore generale per quella zona, mediante adozione di un provvedimento espresso (e cioè di una variante) da parte del competente organo consiliare.
Alla luce dei principi e delle considerazioni esposti, sussiste, perciò, l’obbligo del Comune intimato, già in forza del principio sancito in linea generale dall’art. 2 della legge 241/1990 e s.m.i., di definire il procedimento avviato dalla ricorrente con la suddetta istanza di ridefinizione della situazione urbanistica a seguito dell’avvenuta scadenza dei vincoli espropriativi sui fondi, così come sopra individuati (in tal senso, T.A.R. Sicilia, Palermo, III, 25 giugno 2009, n. 1167 e 6 ottobre 2009, n. 1565);
RITENUTO, pertanto, che va dichiarata l’illegittimità del silenzio serbato dal Comune […] sulla predetta istanza, nei limiti e nei sensi sopra spiegati, con correlata declaratoria dell’obbligo del medesimo ente di adottare, con provvedimento consiliare, una determinazione esplicita e conclusiva sull’istanza di che trattasi, al quale fine – tenuto conto della materia cui ha riguardo la controversia, e dell’ampia discrezionalità del Comune in tema di disciplina urbanistica del proprio territorio – appare congruo assegnare, per l’adempimento, il termine di giorni 90 (novanta) dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione a cura di parte, se anteriore, della presente sentenza.
[…]».
Daniele Majori – Avvocato e consulente aziendale
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
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