(Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 17 novembre 2014, n. 616)
«Il provvedimento con cui è stata negata la concessione in sanatoria, in particolare, è stato così motivato: a) perché la società ha realizzato le opere in questione su un terreno ricadente in zona ‘T’ del P.R.G. vigente, senza che fosse stato precedentemente approvato dal Consiglio Comunale il piano di lottizzazione, così come esplicitamente previsto dall’art. 68 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune […]; b) perché la lottizzazione abusiva non può essere sanata attraverso la presentazione di un’istanza di santoria edilizia ex art. 36 D.P.R. n. 380/ 2001; c) perché le opere realizzate sono comunque in contrasto con le previsioni dei P.R.G. all’epoca della loro realizzazione.
Le ragioni per le quali il Comune […] ha respinto la domanda di concessione in sanatoria sono state condivise dal TAR con la sentenza n. 2008/2012 , qui appellata [dalla società Alfa] con motivi di censura che questo Consiglio reputa privi di fondamento nei termini che qui di seguito si precisano.
Con il primo, articolato motivo di censura, la difesa di parte appellante riconduce l’eccepita erroneità della decisione al fatto che il primo Giudice non avrebbe valutato in maniera appropriata il fatto che l’area interessata dalla realizzazione del complesso turistico alberghiero presenterebbe tutte le caratteristiche del c.d. “lotto intercluso”: cosa che, per l’effetto, escluderebbe la necessità del piano di lottizzazione. Inoltre, l’art. 68 delle N.T.A., nella parte in cui impone la preventiva approvazione di un piano di lottizzazione per la realizzazione di complessi edilizi relativi all’esercizio di attività turistico – alberghiera, in realtà appare una disposizione platealmente incongrua ed irragionevole, se si ha riguardo alle altre possibilità edificatorie (di insediamento agricolo, commerciali, ecc,) altrimenti consentite nella medesima zona ‘T’. Infine, trattandosi di un complesso insediativo in ambito chiuso ad uso collettivo, la prevista lottizzazione, così come progettata, sarebbe in realtà una pura formalità e, comunque, non richiederebbe la realizzazione di opere di urbanizzazione secondaria, mentre per le opere c.d. primarie, relative alle reti (di collegamento viario, idrica, elettrica e fognaria) l’insediamento sarebbe ampiamente servito dalle opere progettate e/o realizzate per il contiguo insediamento turistico alberghiero realizzato dalla società [Beta], del medesimo gruppo imprenditoriale al quale fa capo la società [appellante]. In buona sostanza – e come, invero, puntualmente evidenziato dalla difesa dell’Amministrazione nelle successive ‘memorie’ – con i motivi da ultimo riferiti la difesa della società appellante non sembra contestare il difetto del previsto piano di lottizzazione, salvo, poi, eccepire che il Comune avrebbe dovuto opinare per la disapplicazione dell’art. 68 delle N.T.A: atteso che, per riguardo alla specificità del progetto, dei soggetti promotori ovvero della destinazione urbanistica e della condizione edificatoria dell’area di insediamento, il piano di lottizzazione, nei fatti, risultava palesemente incongruo, e, pertanto, affatto necessario.
Così formulata, invero, la censura appare priva di pregio sia in fatto che in diritto.
Giova premettere, secondo quanto da tempo riconosciuto in giurisprudenza, che l’esigenza di un piano di lottizzazione, laddove richiesto dagli strumenti urbanistici come presupposto per il rilascio della concessione edilizia, corrisponde ad una funzione propria, che rileva anche “al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate, che richiedono una necessaria pianificazione della maglia, e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata” (Cons. Stato, V, n. 1178/2012). Da questi assunti circa i contenuti e la funzione urbanistica dei c.d. piano di lottizzazione conseguono in particolare due corollari, da tempo ricorrenti in giurisprudenza. Innanzi tutto, che in presenza di una lottizzazione abusiva “non può aversi mai una sanatoria dei singoli edifici ex art. 13 della legge n. 47/1985( oggi art. 36 DPR n. 380/2001) , poiché essi sono comunque in contrasto con le previsioni di piano all’epoca della loro realizzazione”( Cass. Pen., sentenza n. 38064/2004). Giacché – come opportunamente evidenziato dalla difesa dell’Amministrazione con il conforto della Corte Costituzionale (sentenza n. 148/1994) – la lottizzazione ‘abusiva’ realizza di per sé una forma di intervento sul territorio più invasiva rispetto alla singola costruzione realizzata in difformità o in assenza di concessione edilizia.
Ma consegue altresì che la condizione di ‘lotto intercluso’ dell’area di insediamento, ex adverso invocata dalla difesa di parte appellante, non esclude affatto che, laddove è richiesta dagli strumenti urbanistici la lottizzazione, il Comune continui a conservare il potere di esprimere la propria valutazione discrezionale in ordine al rilascio della concessione edilizia ‘in sanatoria’, con riguardo alla specifica funzione urbanistica assolta dal piano.
L’assenza del piano di lottizzazione, così come rilevato dal primo Giudice ed altrimenti riconosciuto espressamente dalla stessa impresa appellante già all’atto della richiesta di sanatoria delle opera realizzate, appare dunque ragione sufficiente per motivare il provvedimento di diniego prodotto dall’amministrazione, atteso che né la forza dell’art. 36 del DPR n. 380/2001 né la presunta condizione di ‘lotto intercluso’ dell’area di insediamento, altrimenti invocati dalla difesa appellante, possono giustificare il tipo di abuso determinato dall’assenza del piano di lottizzazione, ovvero escludere il potere di contrasto esercitato dal Comune verso costruzioni eseguite, peraltro, in violazione degli strumenti urbanistici, sia per quanto riguarda la dotazione delle opere di urbanizzazione primaria al servizio esclusivo del progetto edificatoria così concepito, sia per quanto riguarda l’insistenza del progetto in area parzialmente vincolata. Sotto il primo aspetto, perché appare priva di ogni giustificazione logica e giuridica riconoscere, così come altrimenti preteso dalla difesa appellante, l’esistenza di opere di urbanizzazione adeguate a supportare il nuovo carico antropico derivante dall’insediamento in questione, utilizzando la capacità ‘potenziale’ di altri impianti tecnici destinati a servire l’insediamento limitrofo, per il fatto di appartenere allo stesso gruppo imprenditoriale: confondendo così indebitamente la pertinenza ‘necessaria’ e ‘reale’ delle opere di urbanizzazione con l’insediamento, come pretesa dal piano, con un collegamento ‘formale’ suscettibile di essere sciolto in ogni momento proprio in ragione dell’autonomia giuridica e progettuale tra le due società ed i due insediamenti. Mentre sotto il secondo aspetto, come opportunamente eccepito dalla difesa dell’Amministrazione, la insistenza dell’area di insediamento in zona vincolata è ammessa proprio dalla perizia tecnica di parte: e ciò appare ragione sufficiente per giustificare il silenzio del Comune sul punto. E ciò giustifica l’ordine di demolizione delle opere abusive emesso dal Comune, anche oltre la sua natura di atti consequenziale e dovuto per sanzionare l’illecito edilizio».
Daniele Majori – Avvocato Amministrativista in Roma
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
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