Edilizia e urbanistica

L’ordinanza di demolizione non perde efficacia a seguito della mera presentazione di una domanda di condono (o di sanatoria), poiché nessuna disposizione contenuta nelle varie leggi sul condono edilizio prevede ciò, mentre l’art. 38 l. n. 47 del 1985 si limita a disporre per questo caso la sospensione dei procedimenti sanzionatori amministrativi.

(Consiglio di Stato, sez. V, 28 luglio 2014, n. 3990)

«[R]ileva il Collegio che, diversamente da quanto sostiene il Comune appellato, sulla base delle disposizioni rilevanti ratione temporis, la presentazione di un’istanza di condono non è impedita dall’acquisizione al patrimonio comunale dell’area di sedime su cui è stato realizzato l’abuso, potendo l’accoglimento dell’istanza determinare, ai sensi dell’art. 39, comma 19 [l. n. 724/1994], correttamente invocato dal fallimento appellante, “l’annullamento delle acquisizioni al patrimonio comunale dell’area di sedime e delle opere sopra questa realizzate disposte in attuazione dell’articolo 7, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47”, così come del presupposto ordine di demolizione.
Va peraltro segnalato che la presentazione della domanda di sanatoria per abusi edilizi impone al Comune la sua disamina e l’adozione dei provvedimenti conseguenti, cosicché gli atti repressivi dell’abuso adottati in precedenza non possono essere materialmente eseguiti fino alla definizione della medesima domanda.
5. Per un orientamenti richiamato dal Comune appellato, i medesimi atti repressivi, ancorché non divengano illegittimi, a seguito della domanda di sanatoria perderebbero efficacia, sicché la relativa impugnazione diventerebbe conseguentemente improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto il riesame dell’abusività dell’opera provocato dalla domanda di sanatoria implicherebbe la necessità di attivare un nuovo provvedimento che, se di rigetto, supererebbe il precedente provvedimento sanzionatorio e dovrebbe essere a sua volta impugnato (Const. Stato, Sez. IV, 21 ottobre 2013, n. 5115, 21 ottobre 2013, n. 5090, 16 aprile 2012, n. 2185; Sez. V, 17 gennaio 2014, n. 172; 28 giugno 2012, n. 3821; 26 giugno 2007, n. 3569, 19 febbraio 1997, n. 165; Sez. VI, 26 marzo 2010, n. 1750, 7 maggio 2009, n. 2833, 12 novembre 2008, n. 5646).
Peraltro, nell’ambito di tale orientamento si eccettuano casi di “macroscopici ritardi nella definizione del procedimento di sanatoria”, nel quale si afferma essere “opportuno che il giudice esprima comunque il proprio sindacato di legittimità sul provvedimento che ingiunge la demolizione (…), fermo comunque restando che il condono edilizio eventualmente sopravvenuto impedirà di dar corso alla demolizione medesima” (Sez. IV, 16 settembre 2011, n. 5228).
6. Si tratta quindi di una pronuncia espressa in una situazione abnorme, quale è senza dubbio anche quella verificatosi nella presente vicenda contenziosa, in cui la perdita dell’incartamento relativo alla pratica di condono dell’odierna appellante rende di fatto inapplicabile l’orentamento sopra evidenziato: nella specie, risulta l’impossibilità che l’amministrazione comunale si pronunci sulla domanda di sanatoria.
Già in base a queste considerazioni, pragmatiche e ragionevoli, sottese al precedente in esame, oltre che pienamente applicabili al caso oggetto del presente giudizio, l’appello del fallimento deve essere respinto.
7. A ben guardare, peraltro, la pronuncia da ultimo richiamata coglie un profilo più generale dei rapporti tra il provvedimento repressivo di abusi edilizi e la successiva domanda di condono: tali rapporti rendono non condivisibile l’indirizzo sopra citato.
In realtà, nessuna disposizione contenuta nelle varie leggi sul condono edilizio prevede che la presentazione della domanda di sanatoria determini la perdita di efficacia dell’ordine di demolizione, mentre l’art. 38 l. n. 47 del 1985 si limita a disporre per questo caso la sospensione dei procedimenti sanzionatori amministrativi.
Ciò consente, in primo luogo, di ritenere pienamente persistente l’interesse del destinatario dell’ordine di demolizione a coltivare l’impugnativa contro quest’ultimo, anche in seguito alla presentazione dell’istanza di condono, e, in secondo luogo, del pari risulta pienamente applicabile l’incontrastato orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo cui la legittimità di un provvedimento amministrativo deve essere accertata con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, in applicazione del principio del tempus regit actum, con conseguente irrilevanza di provvedimenti successivi (in applicazione, quindi, di un consolidato indirizzo, di cui sono espressione, da ultimo, le seguenti pronunce: Cons. Stato, Sez. IV, 11 aprile 2014, n. 1763, 6 dicembre 2013, n. 5822, 21 agosto 2012, n. 4583, 9 febbraio 2012, n. 693).
Per il principio di legalità, dunque, si deve ritenere che l’ordinanza di demolizione non perde effetti a seguito della presentazione di una domanda di condono (o di sanatoria): solo la legge può prevedere le ipotesi in cui un provvedimento legalmente emanato perde effetti a seguito di circostanza sopravvenute e può individuare i casi in cui gli organi amministrativi non hanno più il dovere di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto.
8. Tanto precisato, è evidente che l’ordine di demolizione qui impugnato è legittimo, essendo stato emesso a fronte di una nuova costruzione per la quale non era stato chiesto il necessario titolo ad edificare, il tutto come risulta dalla motivazione del medesimo provvedimento repressivo, nei confronti della quale il fallimento odierno appellante non muove alcuna specifica censura.
9. L’appello deve quindi essere respinto, dovendo confermarsi la sentenza di primo grado, sia pure con le correzioni motivazionali di cui sopra
».

Daniele Majori – Avvocato Amministrativista in Roma

Fonte:www.giustizia-amministrativa.it

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