Accesso ai documenti, Processo amministrativo, Processo civile

L’ordinanza di rigetto dell’istanza di esibizione di documenti nel giudizio civile ex art. 210 c.p.c. non preclude l’accoglimento, da parte del G.A., dell’istanza di accesso cd. difensivo agli stessi documenti, in ragione dell’autonomia e della diversità sussistenti tra il vaglio giudiziario di rilevanza diretta, ai fini processuali e probatori, svolto in sede giudiziale civile ai sensi del citato art. 210 c.p.c., e la valutazione – da compiersi in astratto e, per dir così, “ab externo”, da parte della P. A. in prima battuta e, quindi, dal giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva – sulla necessità che il richiedente conosca la documentazione oggetto dell’istanza di accesso a fini di cura e di difesa dei propri interessi.

(Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 9 giugno 2014, n. 310)

«Quanto […] ai rapporti tra istanza di accesso ex art. 22 e seguenti della l. n. 241/90, con particolare riferimento all’art. 24, comma 7, della l. n. 241/90, e istanza di esibizione di documenti nel giudizio civile, ex art. 210 c. p. c. (su cui v. , in termini generali, CdS, n. 7183/10), in relazione al fatto che il giudice civile, con ordinanza adottata il 17.10.2013, quando cioè il ricorso al Tar ex art. 116 c.p.a. era già passato in decisione, ha ritenuto inammissibile la relativa domanda poiché irrilevante la istanza di esibizione degli atti e documenti in epigrafe, il Collegio osserva quanto segue.
Il rilievo autonomo, nel senso precisato sopra, dell’interesse ex art. 22 ss. l. 241/90 ad accedere ai documenti la cui conoscenza sia necessaria per la cura o per la difesa dei propri interessi giuridici; la circostanza che una cosa è la valutazione della “conoscenza necessaria” ex art. 24, comma 7, cit., e altro è la rilevanza concreta dei documenti, a fini probatori, nel giudizio civile “sottostante”; la diversità tra lo specifico vaglio giudiziale di rilevanza ai fini probatori ex art. 210 c.p.c. e la valutazione in astratto ex art. 24 comma 7 sul carattere necessario della conoscenza dei documenti per la difesa dei propri interessi; la maggiore ampiezza, infine, dell’accesso difensivo ex l. n. 241/90, funzionale alla difesa di interessi in sede giudiziale e stragiudiziale, rispetto allo strumento istruttorio di cui all’art. 210 c.p.c. , sono tutti elementi che- pur riflettendosi sul rapporto tra istanza ex art. 22 e ss. l. n. 241/90 e istanza ex art. 210 c.p.c. , nel senso che la instaurazione del giudizio civile “sottostante” (e anche l’eventuale ordinanza giudiziale di rigetto della istanza ex art. 210 c.p.c.)–non precludono la domanda di accesso, autonoma, ex artt. 22 -24.
La difesa dell’appellante, nel ritenere paradossale che
[la società appellata] possa avere accesso ai documenti chiesti, che sarebbero però inutili per gli scopi dichiarati dalla stessa appellata, e ciò alla luce dell’ordinanza del giudice civile di rigetto della istanza di esibizione ex art. 210 del c. p. c., non considera in modo adeguato, appunto, l’autonomia e la diversità sussistenti tra il vaglio giudiziario di rilevanza diretta, ai fini processuali e probatori, svolto in sede giudiziale civile ai sensi del citato art. 210 c.p.c. , e la valutazione, da compiersi in astratto e, per dir così, “ab externo”, da parte della P. A. in prima battuta, e quindi dal giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, sulla necessità, ex art. 24, comma 7, cit. , che il richiedente conosca la documentazione oggetto della istanza di accesso a fini di cura e di difesa dei propri interessi, senza che nell’esercizio di quest’ultima funzione vi sia spazio per compiere apprezzamenti diretti (e indebiti) sulla documentazione richiesta quale strumento di prova diretta, o di mancata prova, della lesione sofferta dalla parte in sede di giudizio civile, e sulla fondatezza della domanda giudiziale civile, ossia della pretesa sottostante (senza considerare che la documentazione visionata ed estratta ex art. 24, comma 7, cit. , una volta prodotta nel giudizio civile, rimane acquisita come materiale probatorio in quel giudizio e può formare oggetto di rivalutazione a fini probatori da parte del giudice civile; e che, comunque, il riferimento normativo alla necessità di conoscere documenti per la cura o la difesa di propri interessi giuridici allude a una maggiore ampiezza di possibilità di utilizzo dei documenti, anche al di là dell’àmbito giudiziario in senso stretto, ad es. in procedimenti amministrativi o in ricorsi amministrativi o per segnalazioni ad Autorità indipendenti e così via).
Del resto, se fosse vero, come sostiene
[l’appellante], che la possibilità di appagamento dell’interesse all’accesso a documenti in applicazione dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241/90 (cosiddetto “accesso difensivo”) è realmente condizionata alla impossibilità di ottenere altrimenti i documenti richiesti, ciò svuoterebbe di significato effettivo (il che non può ammettersi) –perlomeno con riguardo ai giudizi civili, o amministrativi, “sottostanti” o comunque correlati alla istanza di accesso difensivo- la norma di cui al citato art. 24, comma 7, sulla “garanzia di accesso” suindicata, tenuto conto dei poteri di richiesta documentale istruttoria riconosciuti dal c.p.c. , e dal c.p.a. , in capo al giudice civile e amministrativo».

Daniele Majori – Avvocato Amministrativista in Roma

Fonte:www.giustizia-amministrativa.it

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