(Consiglio di Stato, sez. V, 20 dicembre 2013, n. 6115)
«Non può essere condivisa la sentenza impugnata, laddove ha ritenuto che le delibere di Giunta comunale impugnate siano illegittime per difetto di competenza sotto il profilo che simili atti dovevano essere adottati dal Consiglio comunale in ragione di quanto disposto dall’art. 42, comma 2, lett. b) e lett. l) del D. L.vo 267/2000. Un simile assunto risulta, infatti, destituito di fondamento, poiché l’art. 42, d.lgs. 267/2000, delimita la competenza del Consiglio comunale agli atti fondamentali, tassativamente indicati, nella misura in cui si traducono nell’espressione di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, mentre la Giunta ha una competenza generale e residuale in quanto compie tutti gli atti non riservati dalla legge al consiglio o non ricadenti nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco o di altri organi (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 338 del 2012; sez. V, n. 6982 del 2010; sez. IV, 11 dicembre 2007, n. 6358; sez. V, 31 gennaio 2007, n. 383; sez. V, 13 dicembre 2005, n. 7058).
3.1. Dal punto di vista strettamente formale è facile osservare che nessuna delle disposizioni di cui si compone il menzionato art. 42 fa riferimento all’attività di disdetta di convenzioni concessorie stipulate con privati.
Ma anche dal punto di vista sostanziale la tesi della società cooperativa non può essere recepita: non può riconoscersi, infatti, agli atti di indirizzo adottati, quel carattere di rilievo generale, che invece, deve caratterizzare gli atti di indirizzo di competenza consiliare. Analogamente questo Consiglio è già intervenuto in materia di servizi pubblici riconoscendo la competenza del Consiglio comunale esclusivamente in ordine all’organizzazione dei servizi stessi ed agli atti espressione della funzione di governo con esclusione di quelli gestionali (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 maggio 2005, n. 2324); lo stesso è a dire in materia di appalti pubblici, dove la competenza consiliare si è fatta discendere dall’applicazione di un doppio criterio selettivo: essere la gara non attuativa di precedenti atti fondamentali (approvati dal consiglio) e non rientrare nella ordinaria amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 gennaio 2005, n. 5668); ovvero in materia di alienazioni ed acquisiti immobiliari, dove si è fatta rientrare nella competenza del Consiglio comunale l’approvazione dell’acquisto isolato di un immobile di interesse culturale gravato da prelazione, in quanto la giunta comunale aveva operato al di fuori di qualsiasi indirizzo espresso dal consiglio in materia, ed anzi in contrasto con la delibera consiliare che aveva stabilito le modalità per l’attuazione del programma di acquisto di alloggi di edilizia residenziale pubblica (cfr. sez. IV, 24 giugno 2002, n. 3430, impropriamente richiamata a sostegno della propria tesi dalla società appellante).
Facendo applicazione di tali principi è evidente che nella specie non ricorreva la competenza dell’organo consiliare, perché gli atti di indirizzo adottati dalla Giunta, rientrano nell’esecuzione della convenzione concessoria, che già espressamente prevedeva il potere di disdetta. Si tratta, pertanto, di una questione di mera esecuzione di una convenzione già in fieri, per la quale non si giustificherebbe l’intervento dei poteri di indirizzo del Consiglio comunale».
Daniele Majori – Avvocato Amministrativista – Roma
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
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