Informative antimafia

Interdittiva antimafia e controllo giudiziario ex art. 34-bis del d.lgs. n. 159/2011: è illegittimo il provvedimento prefettizio che, nel ribadire la misura interdittiva dopo l’esito positivo del controllo, si basi su una lettura dei contatti tra l’impresa e la criminalità organizzata meramente reiterativa di quella già posta a fondamento della precedente informazione antimafia, senza corredarla di elementi nuovi ovvero senza porre in evidenza i profili per i quali quelli già precedentemente valutati dal Tribunale della prevenzione siano espressivi di un “quid pluris”, in termini di condizionamento mafioso, non adeguatamente colti in sede di controllo giudiziario e tali da collocare il pericolo di contagio mafioso dell’impresa ad un livello di intensità superiore a quello della mera “occasionalità”.

(Consiglio di Stato, sez. III, 7 febbraio 2023, n. 1275)

«Il tema principale della controversia, sulla base del concreto dipanarsi della vicenda procedimentale, attiene alle modalità di esercizio del potere interdittivo nella peculiare ipotesi in cui l’impresa destinataria di informazione antimafia interdittiva, avendo impugnato il relativo provvedimento, abbia fatto richiesta al Tribunale competente per le misure di prevenzione di applicazione, ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6, d.lvo 6 settembre 2011, n. 159, del controllo giudiziario esplicabile nelle forme e con gli strumenti di cui alla lettera b) del comma 2 del medesimo articolo: controllo presupponente che l’agevolazione che dall’impresa possano ricevere i soggetti di cui all’art. 34, comma 1 (ovvero le persone “nei confronti delle quali è stata proposta o applicata una delle misure di prevenzione personale o patrimoniale previste dagli articoli 6 e 24 del presente decreto, ovvero di persone sottoposte a procedimento penale per taluno dei delitti di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a), b) e i-bis), del presente decreto, ovvero per i delitti di cui agli articoli 603-bis, 629, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale”), abbia carattere “occasionale” e consistente nella nomina di un giudice delegato e di un amministratore giudiziario, il quale riferisce periodicamente, almeno bimestralmente, gli esiti dell’attività di controllo al giudice delegato e al pubblico ministero.
31. In proposito, invero, la giurisprudenza della Sezione ha chiarito che “i presupposti delle due misure (controllo giudiziario e interdittiva) non sono coincidenti, né vi è alcun automatismo di implicazioni valutative tra lo scrutinio svolto, rispettivamente, dall’amministrazione e dal giudice penale.
La prima esprime un giudizio “statico” o “retrospettivo” su un fenomeno infiltrativo già compiutosi; il secondo effettua una “prognosi” sulla capacità dell’impresa di emendarsi e di reinserirsi nel circuito dell’economia legale” (v., di recente, Consiglio di Stato, Sez. III, 21 ottobre 2022, n. 9021).
La medesima giurisprudenza ha altresì evidenziato che “è pur vero che le valutazioni delle due autorità tendono a lambirsi reciprocamente, sicché di alcuni aspetti del giudizio prevenzionale si può tenere conto in quello amministrativo, attraverso il riverbero delle considerazioni in esso sviluppate sulle successive valutazioni della pubblica amministrazione, la quale difficilmente ignorerà le osservazioni (non limitate a meri profili di legittimità, ma aventi natura sostanziale) del Tribunale della prevenzione. Tuttavia, l’esito favorevole del controllo a richiesta non rileva in modo diretto nel procedimento amministrativo, il quale riguarda gli elementi esistenti al momento della emanazione dell’interdittiva. Dunque ciò che può ammettersi è che alla positiva conclusione del controllo faccia seguito un procedimento di riesame dell’interditiva già adottata, nelle forme dell’autotutela revocatoria o di un aggiornamento ai sensi dell’art. 91, comma, 5 d.lgs. n. 159 del 2011, onde valutarne, attraverso un’adeguata istruttoria e con le opportune garanzie di contraddittorio, la perdurante necessità e attualità. Nella medesima prospettiva si inserisce la previsione, sempre contenuta al comma 7 dell’art. 34 bis, secondo cui l’ammissione al controllo giudiziario, oltre a sospendere gli effetti interdittivi di cui all’art. 94, sospende anche il termine, previsto dall’art. 92, comma 2, per il rilascio dell’informazione antimafia. Il meccanismo vuole appunto agevolare la rinnovata valutazione del pericolo infiltrativo da parte dell’autorità prefettizia una volta concluso e chiuso il controllo giudiziario. Al sistema sin qui descritto non è estranea, in definitiva, la possibilità che la Prefettura motivatamente escluda il pieno recupero alla legalità dell’impresa e, disattendendo la diversa valutazione espressa in proposito dal Tribunale penale (circa la positiva conclusione della procedura), confermi la persistenza del rischio infiltrativo. Come già chiarito da questa Sezione, la pronuncia del giudice della prevenzione penale non produce alcun effetto di accertamento vincolante, con efficacia di giudicato, sul rischio di infiltrazione dell’impresa da parte della criminalità organizzata, sicché deve ammettersi come fisiologica l’eventualità che Prefettura e giudice della prevenzione penale, pur incentrando le proprie valutazioni sulle medesime circostanze di fatto, giungano a conclusioni difformi circa il pericolo di infiltrazione (Cons. Stato, sez. III, n. 1049 del 2021). Questa eventualità può viepiù verificarsi in quei casi in cui alla valutazione del Tribunale della prevenzione sfuggano elementi investiti dal vaglio della Prefettura in sede di aggiornamento dell’informativa”.
32. Alla luce della citata giurisprudenza, quindi, tra l’originaria misura interdittiva, ammissione al controllo giudiziario, esito dello stesso e rinnovato esercizio del potere interdittivo deve necessariamente sussistere un rapporto di razionale coordinamento – che deve trovare adeguato riflesso nella componente motivazionale dell’eventuale nuovo provvedimento interdittivo – il quale, da un lato, costituisce il corollario della diversità dei poteri – quanto ai presupposti che ne giustificano l’esercizio ed ai criteri ai quali questo deve ispirarsi – di cui gli atti menzionati costituiscono espressione, dall’altro lato, si ricollega all’esigenza di rispettare l’autonomia, anche costituzionalmente tutelata, dei soggetti pubblici cui sono rispettivamente affidati.
Spetta al giudice amministrativo, in sede di sindacato avente ad oggetto il nuovo provvedimento interdittivo eventualmente adottato dall’Amministrazione all’esito del procedimento di riesame e di aggiornamento dell’originaria interdittiva conseguente al controllo giudiziario (o collocato a ridosso della sua conclusione), verificare quali siano i conseguenti riflessi – ove quel rapporto non trovi concreto riscontro nelle modalità di rinnovato esercizio del potere interdittivo – sul relativo provvedimento conclusivo.
33. In tale contesto, se il controllo giudiziario ha appunto la finalità di verificare l’effettiva “occasionalità” dei contatti che hanno condotto l’impresa controllata nell’area di possibile influenza della criminalità organizzata, pur senza attrarla irrimediabilmente in quell’ambito, e di misurare quindi la capacità della stessa di recuperare una condizione di piena immunità dall’influsso criminale, la valutazione prefettizia, pur non potendo contestare l’esito positivo del controllo, non è tuttavia rigidamente “imbrigliata” da esso, potendo far emergere, attraverso gli ampi poteri istruttori e valutativi di cui l’Amministrazione dispone, elementi sintomatici del carattere affatto “occasionale” del pericolo di condizionamento mafioso, sopravvenuti al controllo, preesistenti ma non precedentemente rilevati o semplicemente meritevoli di una diversa valutazione in chiave preventiva, che la misura di tutoraggio non ha emendato – focalizzata come è sui fatti di agevolazione “occasionale” enucleati con la precedente interdittiva – se non addirittura occasionato.
34. In altre parole, poiché l’accesso alla misura preventiva del controllo giudiziario presuppone l’”occasionalità” dell’agevolazione, e tale presupposto costituisce l’oggetto precipuo dell’accertamento condotto dal Tribunale della prevenzione ai fini dell’ammissione dell’impresa interdetta al controllo medesimo, del quale quindi esso deve ritenersi essere il “dominus” (nel senso della esclusività in capo ad esso del relativo potere di cognizione, nell’ambito di un sistema equilibrato ed ordinato di rapporti con l’Amministrazione e con lo stesso giudice amministrativo), è evidente che, al fine di superare l’effetto emendativo riconducibile all’esito positivo del controllo e consacrato dal relativo provvedimento conclusivo (il quale attesta, alla luce delle risultanze del controllo, che l’agevolazione aveva effettivamente – come prefigurato in sede di ammissione – carattere “occasionale” e che la stessa resta relegata al “vissuto” storico dell’impresa, la quale ha dimostrato di essersi pienamente riallineata ad una gestione sana ed immune anche da solo “occasionali” ed incolpevoli momenti di contatto con la criminalità organizzata), la Prefettura ben può porre in evidenza gli elementi – non emersi nell’ambito del controllo e/o da essa diversamente valutati – dimostrativi del fatto che l’agevolazione non era, alla prova dei fatti, “occasionale” ma stabile e strutturale (tanto da essere proseguita nel corso del controllo e destinata a perpetuarsi dopo la conclusione dello stesso).
35. Per contro, non risulta rispondente ad una corretta impostazione dei rapporti tra i diversi poteri concorrenti nella gestione della situazione dell’impresa “occasionalmente” agevolatrice il provvedimento prefettizio che, nel ribadire la misura interdittiva dopo l’esito positivo del controllo, si basasse su una lettura dei contatti tra l’impresa e la criminalità organizzata meramente reiterativa di quella già posta a fondamento della precedente informazione antimafia, senza corredarla di elementi nuovi ovvero senza porre in evidenza i profili per i quali quelli già precedentemente valutati dal Tribunale della prevenzione siano espressivi di un “quid pluris”, in termini di condizionamento mafioso, non adeguatamente colti in sede di controllo giudiziario e tali da collocare il pericolo di contagio mafioso dell’impresa ad un livello di intensità superiore a quello della mera “occasionalità”.
36. Infine, va rilevato che proprio la connotazione “dinamica” del controllo giudiziario, e la sua essenza “incentivante” il ritorno dell’impresa su un terreno di piena legalità, da cui essa abbia “occasionalmente” sconfinato, induce a porre l’accento, nella ricostruzione teleologica e sistematica dell’istituto e dei suoi rapporti con il potere interdittivo prefettizio, non tanto sul momento dell’ammissione dell’impresa ad esso e della verifica dei relativi presupposti, quanto su quello della conclusione della procedura, al fine di appurare l’effettivo raggiungimento del risultato della fuoriuscita dell’impresa dal cono d’ombra dell’influenza criminale: ciò in coerenza con la natura della misura de qua, che non consiste tanto nella mera sottoposizione dell’impresa ad un regime limitativo della sua capacità di azione di carattere preventivo, già ampiamente insito nell’adozione del provvedimento interdittivo, ma, semmai, nella “attenuazione” degli effetti di quest’ultimo, ovvero nella sostituzione del divieto assoluto di intrattenere rapporti con la P.A. e comunque di svolgere attività soggette ad autorizzazione da parte della stessa, che da esso discende, con la facoltà dell’impresa di prosecuzione della sua normale operatività, ma in un contesto di stringenti controlli, attraverso l’amministratore giudiziario, da parte della A.G. (facoltà cui è strumentale la provvisoria sospensione degli effetti dell’interdittiva ex art. 34-bis, comma 7, d.lvo n. 159/2011)».

Daniele Majori – Avvocato cassazionista e consulente aziendale

Fonte:www.giustizia-amministrativa.it

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