Contratti pubblici, Processo amministrativo

Per l’ammissibilità dell’impugnazione degli atti di gara con ricorso cumulativo l’art. 120, comma 11-bis, del c.p.a. prescrive due presupposti: il primo consiste negli “identici motivi di ricorso”, mentre il secondo, compendiato dall’espressione “avverso lo stesso atto”, allude ai casi in cui più lotti d’una stessa gara siano regolati, sotto qualche profilo comune, da un unico atto endoprocedimentale (“ad oggetto plurimo” con riguardo ai lotti: come il bando, il disciplinare di gara, la composizione della commissione giudicatrice, la determinazione di criteri di valutazione delle offerte tecniche, ecc.), perciò diverso dall’aggiudicazione e che può essere immediatamente gravato ove lesivo o più spesso viziare per derivazione le aggiudicazioni finali, per l’appunto impugnate con unico ricorso.

(Consiglio di Stato, sez. III, 1° febbraio 2023, n. 1120)

«L’appello è infondato, potendosi così prescindere da altre eccezioni pregiudiziali proposte, con le seguenti precisazioni circa l’esatta ragione d’inammissibilità del ricorso di primo grado.
Deve infatti trovare conferma, alla luce della più recente e condivisibile giurisprudenza di Sezione (cfr. Cons. Stato, sez. III, 19 dicembre 2022, n. 11076), la statuizione d’inammissibilità dell’originario ricorso, che è stato proposto con riguardo a tre determinazioni d’aggiudicazione di rispettivi lotti in cui era articolata la gara, portate da un unico atto, al di fuori dei casi in cui l’articolo 120, comma 11 bis, c.p.a. ammette l’impugnazione con ricorso “cumulativo”.
Quest’ultimo termine è stato utilizzato dal codice nel comune significato tecnico, ed indica l’unitaria impugnazione di più provvedimenti lesivi. Pertanto, il ricorso in esame non può dirsi inammissibile per il solo fatto d’avere ad oggetto tre atti d’aggiudicazione – racchiusi in unico formale atto, come nel caso specifico, o meno -, trattandosi del fenomeno disciplinato, e non radicalmente precluso, dal legislatore.
Va, allora, chiarito il significato delle parole “avverso lo stesso atto”, presenti nel citato comma al fine di circoscrivere l’ammissibilità del ricorso cumulativo, che a prima vista appaiono contraddirne la possibilità stessa.
Invero, la previsione non può che alludere ai casi in cui più lotti d’una stessa gara siano regolati, sotto qualche profilo comune, da un unico atto endoprocedimentale (atto non “plurimo”, come l’impugnato provvedimento dipanantesi in varie aggiudicazioni, bensì “ad oggetto plurimo” con riguardo ai lotti: come il bando, il disciplinare di gara, la composizione della commissione giudicatrice, la determinazione di criteri di valutazione delle offerte tecniche, ecc.) il quale si assume viziato, e che può essere immediatamente gravato ove lesivo o – più spesso – viziare per derivazione le aggiudicazioni finali, per l’appunto impugnate con unico ricorso.
In sintesi, l’art. 120, comma 11 bis, cit.: (i) presuppone, onde disciplinarlo, il ricorso avverso più determinazioni provvedimentali lesive (appunto “cumulativo”) relative a lotti afferenti a un’unica formale gara; (ii) ne regolamenta l’ammissibilità, prescrivendo due presupposti: il primo consiste negli “identici motivi di ricorso”, mentre il secondo, compendiato dall’espressione “avverso lo stesso atto”, va inteso in senso procedimentale, alludendo ad atti diversi dall’aggiudicazione (talune difformi pronunce sul punto incorrono nella contraddizione suaccennata, senza risolverla in modo convincente col riferimento all’atto d’aggiudicazione unico in senso esclusivamente formale), i quali nelle fasi iniziali della gara ben possono essere unitari e riguardare più lotti.
Ulteriore riprova di tale conclusione si riscontra nell’esordio della disposizione (“Nel caso di presentazione di offerte per più lotti”), che ben introduce il successivo riferimento agli atti infraprocedimentali nel senso predetto.
Le pratiche ricadute sul caso in esame di tale esatta ricostruzione della norma si trovano riassunte nella memoria di replica dell’Amministrazione, secondo cui (pag. 2) <(…) ciò che rileva ai fini della ammissibilità del ricorso cumulativo è l’articolazione di “censure idonee ad inficiare segmenti procedurali comuni alle differenti e successive fasi di scelta delle imprese affidatarie dei diversi lotti”, quali, appunto, il bando, il disciplinare di gara, la composizione della Commissione giudicatrice, la determinazione di criteri di valutazione delle offerte tecniche. Nel caso in esame, invece, ad essere stata censurata è la condotta della Commissione giudicatrice, la cui attività non può essere fatta rientrare in alcun segmento procedurale comune, appartenendo invece alla differente e successiva fase di valutazione delle diverse offerte presentate per ciascun lotto.>.
Stante quest’ultima circostanza, il ricorso proposto contro l’aggiudicazione di tre lotti – ancorché per censure comuni nel primo motivo (preteso difetto di motivazione consistente nell’attribuzione di mero punteggio numerico con riguardo a determinate valutazioni, in uno all’omessa verbalizzazione del lavoro preliminare delle sottocommissioni che avrebbe potuto surrogare la carenza motivazionale) e divergenti nel secondo motivo – è in toto inammissibile, per non vertere su un unico atto del procedimento (neppure individuato nel gravame, salvo l’erroneo riferimento all’atto d’aggiudicazione) in tesi viziante i provvedimenti finali impugnati, in tal modo disattendendo la suddetta condizione dell’unicità attizia.
Sul punto, è stato giustamente osservato nel richiamato precedente di Sezione, in relazione alle fasi valutative delle offerte afferenti ai vari lotti su cui unicamente verte il ricorso in esame, che “non può essere certo [rectius, soltanto] l’identità di vizio che inficerebbe l’affidamento a rendere possibile l’impugnazione con un ricorso cumulativo (…)”.
Per detta ragione, non è possibile distinguere in punto di ammissibilità – come richiesto nel primo motivo d’appello, che va dunque rigettato – tra i due motivi dell’originario ricorso, in base al rispetto della condizione rappresentata dall’identità delle censure, osservata nel primo (circostanza non colta dall’impugnata sentenza, con imprecisione tuttavia non decisiva)».

Daniele Majori – Avvocato cassazionista e consulente aziendale

Fonte:www.giustizia-amministrativa.it

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