(Tar Sicilia, Catania, sez. II, 9 marzo 2018, n. 527)
«Le ricorrenti espongono di essere proprietarie [di un terreno] destinato dal PRG approvato nel 2003 a zona F/2 verde pubblico come da allegato certificato di destinazione urbanistica. Ritenendo, quindi, che il predetto vincolo abbia natura espropriativa, le ricorrenti, con istanza del 7 ottobre 2016 hanno notificato a un atto di diffida e messa in mora al fine di ottenere una nuova qualificazione urbanistica.
Non avendo ricevuto riscontro alla predetta istanza, hanno proposto ricorso […] con il quale chiedono accertarsi l’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione con condanna dell’amministrazione ad adottare una determinazione esplicita e conclusiva sull’istanza.
[…]
Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati.
A tutt’oggi non risulta che il Comune abbia esitato (positivamente o negativamente) l’istanza predetta, in conformità alla previsione dell’art. 2, comma 1, L. n. 241/90, il quale ha sancito l’obbligo per ogni Amministrazione, nel caso in cui il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, di concluderlo “mediante l’adozione di un provvedimento espresso”, senza necessità di apposita diffida.
Va, inoltre, precisato che, come già chiarito in numerosi precedenti di questo Tribunale, “in Sicilia trova applicazione la disciplina del termine quinquennale di durata dei vincoli preordinati all’esproprio e che alla scadenza di tale termine sorge l’obbligo dell’amministrazione a provvedere in merito alla nuova destinazione, ferma restando, nelle more l’applicazione della disciplina delle c.d. “zone bianche” (in tal senso, T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, n. 4366/2010 e, più recentemente, idem, n. 3282/2014). Altrettanto incontroverso è, poi, che la configurazione di tale obbligo trovi la sua radice nel fatto che l’esercizio del potere di pianificazione urbanistica del Comune sia obbligatorio nell’an (restando, ovviamente, largamente discrezionale nel quomodo, sia pure nei limiti posti dalle regole urbanistiche contenute nel D.M. n. 1444 del 1968 e, più in generale, nella legislazione di settore) e che, in caso di suo inadempimento, il privato maturi il diritto ad agire, ai sensi degli artt. 31 e 117 cod. proc. amm., avverso il silenzio serbato dall’amministrazione (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 16/02/2015 n. 535, che richiama T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, n. 984/2007).
Nel caso di specie, essendo decorso il termine quinquennale di efficacia del vincolo, risulta evidente l’inerzia del Comune resistente, né può esservi dubbio che il Comune medesimo sia tenuto ad esaminare le istanze di privati, anche nei casi in cui la richiesta non sia suscettibile di accoglimento – ad esempio a fronte di vincoli di natura “conformativa” e non “espropriativa” – incombendo, in tal caso, su di esso l’obbligo di motivare congruamente il relativo provvedimento di diniego (in tal senso, cit. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, n. 3282/2014).
In definitiva, per le suesposte ragioni, il ricorso deve essere accolto nei limiti di cui sopra, dovendosi, per l’effetto, dichiarare l’obbligo dell’Amministrazione comunale intimata di pronunciarsi con provvedimento motivato ed espresso sulle istanze avanzata dai ricorrenti entro il termine di centottanta giorni decorrenti dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza ovvero, se anteriore, dalla sua notifica su istanza di parte».
Daniele Majori – Avvocato e consulente aziendale
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
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