(Tar Campania, Napoli, sez. I, 23 marzo 2016, n. 1511)
«In base all’art. 1, comma 52, della L. n. 190/2012, come modificato dall’art. 29 del D.L. n. 90/2014 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 114/2014), ai fini della stipula di contratti per le attività economiche ritenute maggiormente esposte al rischio di infiltrazione mafiose previste dal comma 53, le amministrazioni appaltanti sono obbligate a consultare le c.d. “white list” istituite presso ciascuna Prefettura. Tale iscrizione ha l’effetto di soddisfare i requisiti per la comunicazione e l’informazione antimafia per l’esercizio di tali attività (cfr. art. 1, comma 52, della L. n. 190/2012).
L’art. 29, comma 2, del D.L. n. 90/2014 introduce peraltro un regime transitorio alla disciplina delle verifiche tramite elenco disponendo che, in prima applicazione, e comunque per un periodo non superiore a 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto (termine poi prorogato dall’art. 11 bis del D.L. n. 78/2015, convertito dalla L. 125/2015, fino all’attivazione della Banca Dati Nazionale Unica della documentazione antimafia), per le predette attività indicate all’articolo 1, comma 53, della L. n. 190/2012, le amministrazioni possono procedere all’affidamento di contratti o all’autorizzazione di subcontratti previo accertamento della avvenuta presentazione della domanda di iscrizione nel citato elenco.
Dalla speciale previsione secondo cui la sola presentazione della domanda di iscrizione può essere ritenuta idonea condizione per l’affidamento del contratto (salvo il recesso della stazione appaltante in caso di sopravvenuto diniego, ex art. 94, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 159/2011) può quindi ricavarsi, in via interpretativa, la sussistenza di una regola generale che attribuisce all’iscrizione delle imprese nei medesimi elenchi la natura di condizione necessaria per ottenere l’affidamento di contratti che abbiano ad oggetto esclusivo i settori di cui al comma 53 dell’art. 1 della L. n. 190/2012 (cfr. atto di segnalazione ANAC n. 1 del 21 gennaio 2015), ciò che rende l’iscrizione, di fatto, obbligatoria per l’accesso alle relative procedure di evidenza pubblica.
Peraltro, dal divieto di aggravamento del procedimento amministrativo di cui all’art. 1, comma 2, della L. n. 241/1990, può trarsi anche il convincimento che tale obbligo di iscrizione non sussista per gli operatori che intendano partecipare alle procedure di evidenza pubblica indette per la stipulazione di contratti in settori diversi da quelli di cui all’art. 1, comma 53, della L. n. 190/2012 o che, non abbiano ad oggetto esclusivo tali attività.
L’obbligo di iscrizione nell’elenco riguarda quindi esclusivamente le attività imprenditoriali di cui al comma 53, ritenute maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa, di seguito indicate: a) trasporto di materiali a discarica per conto di terzi; b) trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti per conto di terzi; c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti; d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume; e) noli a freddo di macchinari; f) fornitura di ferro lavorato; g) noli a caldo; h) autotrasporti per conto di terzi; i) guardiania dei cantieri.
Trattasi quindi di un elenco tassativo con la conseguenza che, al di fuori delle ipotesi espressamente contemplate, la verifica dell’insussitenza di tentativi di infiltrazione mafiosa va attuata, sussistendone i presupposti di legge, mediante gli strumenti delle informative e della comunicazioni antimafia ex D.Lgs. n.159/2011 (Codice Antimafia)».
Daniele Majori – Avvocato e consulente aziendale
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
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