(Consiglio di Stato, sez. V, 15 marzo 2016, n. 1028)
«[I]n via generale, le regole applicative che presiedono all’affidamento diretto di servizi a società miste pubblico-private per le quali via stata, come nella specie, una previa gara cd. a doppio oggetto (per la scelta del socio privato e per l’affidamento del servizio) sono state indicate dalla giurisprudenza comunitaria e di questo Consiglio.
In particolare, per ciò che qui interessa, si deve rilevare che la differenza tra la società in house e la società mista consiste nel fatto che la prima agisce come un vero e proprio organo dell’amministrazione dal punto di vista sostanziale, mentre la diversa figura della società mista a partecipazione pubblica, in cui il socio privato è scelto con una procedura ad evidenza pubblica, presuppone la creazione di un modello nuovo, nel quale interessi pubblici e privati trovino convergenza.
In quest’ultimo caso, l’affidamento di un servizio ad una società mista è ritenuto ammissibile a condizione che si sia svolta una unica gara per la scelta del socio e l’individuazione del determinato servizio da svolgere, delimitato in sede di gara sia temporalmente che con riferimento all’oggetto (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 30 settembre 2010, n. Sez. VI, 16 marzo 2009, n. 1555 e Corte Giustizia, sez. III, 15 ottobre 2009, C-196/08, Acoset).
La Corte di Giustizia ha, infatti, ritenuto l’ammissibilità dell’affidamento di servizi a società miste, a condizione che si svolga in unico contesto una gara avente ad oggetto la scelta del socio privato (socio non solo azionista, ma soprattutto operativo) e l’affidamento del servizio già predeterminato con obbligo della società mista di mantenere lo stesso oggetto sociale durante l’intera durata della concessione.
La chiave di volta del sistema è rappresentato dal fatto che l’oggetto sia predeterminato e non genericamente descritto, poiché altrimenti, è evidente, sarebbe agevole l’aggiramento delle regole pro-competitive a tutela della concorrenza.
Anche di recente, questa Sezione del Consiglio di Stato (sentenza 2 marzo 2015, n. 992) , pur affermando, in quel caso alla stregua dei principi comunitari e della loro interpretazione desumibile dalla giurisprudenza nazionale (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 28 luglio 2011, n. 4527), l’affidamento diretto di un servizio a una società mista non è incompatibile con il diritto comunitario, a condizione che la gara per la scelta del socio privato della società affidataria sia stata espletata nel rispetto dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza, ha anche ribadito che i criteri di scelta del socio privato si riferiscano non solo al capitale da quest´ultimo conferito, ma anche alle capacità tecniche di tale socio e alle caratteristiche della sua offerta in considerazione delle prestazioni specifiche da fornire, in guisa da potersi inferire che la scelta del concessionario risulti indirettamente da quella del socio medesimo (cfr. anche Cons. Stato, sez. II, parere 18 aprile 2007, n. 456).
Nel caso di specie, è evidente che l’oggetto sociale della gara europea del 1997 era del tutto generico ed onnicomprensivo idoneo a far ricadere, potenzialmente, qualsiasi servizio nel suo perimetro e, per conseguenza, del tutto inidoneo a integrare i requisiti per l’affidamento diretto dello specifico servizio oggetto del presente giudizio.
E’ evidente, infatti, dalla mera lettura dell’originario Statuto sociale, che l’oggetto della doppia gara non poteva in alcun modo ritenersi ricomprendere il servizio trasporto e gestione di rifiuti, non potendo supplire alla eccessiva genericità del bando le mere indicazioni esemplificative indicate nell’oggetto sociale, nello statuto e nell’atto costitutivo della società mista, nonché nella Convenzione del 21.7.1998.
Pertanto, poiché la gara a doppio oggetto del 1997 era stata indetta con un bando che indicava un oggetto eccessivamente ampio, non delimitabile e, pertanto, non determinabile ai fini della tutela della concorrenza, si devono ritenere carenti le necessarie specificazioni ai fini dell’affidamento del servizio di RSU, chiaramente non suscettibili di integrazione postuma da parte del Consiglio di amministrazione dell’appellante […], con la modifica del proprio Statuto sociale».
Daniele Majori – Avvocato e consulente aziendale
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
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