(Corte dei conti, sez. giurisdizionale per la Regione Toscana, 11 maggio 2015, n. 86)
«[D]ovendo il giudice contabile, al fine di addivenire ad una sentenza di condanna nei confronti del soggetto convenuto in giudizio individuare, tra gli altri elementi, la colpa grave dell’agente pubblico, osserva il Collegio che nella specie esso non si può ritenere sussistente.
Infatti a fronte della revoca della competenza delegata originariamente dal sindaco in tema di incarichi dirigenziali e dell’ordine comunicato al Direttore Generale di procedere al riassetto dell’apparato organizzatorio del comune […] con immediatezza, e con la prospettazione di accertamento di eventuali responsabilità penali nel caso di inottemperanza, non era ipotizzabile una diversa condotta dal parte [dell’odierno convenuto], per cui allo stesso non può essere imputata alcuna colpa grave.
La giurisprudenza contabile ha, infatti, affermato che la sussistenza della colpa grave non può essere affermata in astratto ma deve essere valutata in concreto: infatti non ogni condotta divergente da quella doverosa implica la colpa grave, ma solo quella caratterizzata, nel caso concreto, dalla mancanza del livello minimo di diligenza, prudenza o perizia dei dipendenti, dal tipo di attività concretamente richiesto all’agente: cfr. Sezione giurisdizionale Regione Sicilia 5 marzo 2010 n. 471.
L’elemento soggettivo, inoltre, si configura in una situazione di macroscopica contraddizione tra il comportamento tenuto dal pubblico operatore nella circostanza e quello nella stessa imposto quale minimum del composito dovere di diligenza derivante dal rapporto di servizio che lega il soggetto alla Pubblica Amministrazione: cfr. Sez. I Centr. 7 luglio 1998 n. 219/A».
Daniele Majori – Avvocato Amministrativista in Roma
Fonte:www.corteconti.it
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