(Consiglio di Stato, sez. V, 11 febbraio 2014, n. 665)
«La giurisprudenza ha sottolineato che, ai sensi dell’articolo 40 c.p.a, le censure dedotte con un ricorso giurisdizionale amministrativo devono, sin dal primo grado di giudizio, essere specifiche e precise, a salvaguardia, tra l’altro, della effettiva garanzia del contraddittorio e del diritto di difesa, postulato dall’articolo 24 della Costituzione, nonché della precisa ed univoca individuazione del thema decidendum, aggiungendo che tali esigenze risultano ancor più stringenti in materia elettorale, così che non si può attribuire valenza di motivi di ricorso ad espressioni che, senza integrare critiche di legittimità di senso compiuto, potrebbero essere considerate delle mere involute allusioni.
Va richiamata al riguardo la costante e risalente giurisprudenza di questo Consiglio, per la quale col ricorso elettorale devono essere specificate le censure avverso l’atto di proclamazione degli eletti (Sez. V, 22 aprile 1996, n. 476 ; Sez. V, 24 febbraio 1996, n. 241 ; Sez. V, 3 giugno 1994, n. 611 ; Sez. V, 26 giugno 1981, n. 303), poiché non può consentirsi che doglianze generiche (o meramente ipotizzanti la sussistenza di tipologie astratte di vizi: Sez. V 30 ottobre 1981, n. 528 ; Sez. V, 28 gennaio 1977, n. 45 ; Sez. V, 28 gennaio 1972, n. 41) conducano ad un’amplissima istruttoria ed alla conseguente proposizione di motivi aggiunti: il ricorso elettorale neppure può essere proposto, con riserva di motivi aggiunti, allo scopo di far rinnovare le operazioni di scrutinio dinanzi al giudice amministrativo (Sez. V, 18 giugno 1996, n. 730 ; Sez. V, 2 maggio 1996, n. 503 ; Sez. V, 11 aprile 1995, n. 591), il quale può disporre gli accertamenti istruttori solo al fine di valutare l’effettiva fondatezza delle specifiche censure proposte.
Sono pertanto da considerare inammissibili quei ricorsi elettorali che si limitino ad una formulazione di censure del tutto sfornite di qualsiasi riscontro attendibile, chiamando il giudice ad una verifica dell’intera operazione di scrutinio senza che sia offerto seria concreto principio di prova, trasformando impropriamente il ruolo del sindacato giurisdizionale, in una mera funzione di ripetizione dello scrutinio elettorale (C.d.S., Sez. V. 17 settembre 2004, n. 5742).
Deve quindi convenirsi con il primo giudice che il vizio denunziato nei casi di omonimia tra candidati consiglieri delle diverse liste in competizione, pur con l’indicazione di tali omonimie […], non è idoneo “in assenza di un benché minimo riscontro obiettivo, emergente dalla verbalizzazione di contestazioni o quanto meno di riserve sull’attribuzione di singoli voti, da parte dei rappresentanti di lista”, neppure a sollecitare i poteri istruttori del giudice.
7. Ugualmente generica e inammissibile è la censura concernente la illegittima assegnazione di “almeno tre voti” alla lista numero tre, nonostante l’assenza di “qualsiasi segno grafico sulla lista sul candidato sindaco” e la contestuale indicazione della preferenza in favore del candidato […] appartenente alla lista del ricorrente, con schede che presenterebbero, peraltro, solo l’indicazione dell’anno di nascita o l’iniziale del nome del candidato, censure non su singole schede, ma di carattere cumulativo».
Daniele Majori – Avvocato Amministrativista – Roma
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
Discussione
Non c'è ancora nessun commento.