Comunicazioni elettroniche, Edilizia e urbanistica, Paesaggio, Telecomunicazioni

Il d.lgs. n. 259/2003 ha disciplinato un procedimento semplificato per la realizzazione delle infrastrutture delle comunicazioni elettroniche ai soli fini urbanistici, edilizi ed igienico sanitari – che è destinato a prevalere unicamente sulla disciplina edilizia dettata con il T.U. di cui al d.p.r. n. 380/2001 – restando salva invece la piena applicabilità delle norme a tutela paesaggistica, sicché è legittimo il rigetto della domanda di autorizzazione paesaggistica in sanatoria relativamente ad un traliccio avente funzione di sostegno di impianti per radiotrasmissione, fondato sull’incompatibilità paesaggistica dell’intervento in questione (date anche le dimensioni del traliccio, nell’ordine di 20 metri di altezza).

(Consiglio di Stato, sez. III, 13 gennaio 2014, n. 96)

«[E’] necessario ricordare e precisare come alla base dell’atto di diniego impugnato con il ricorso in primo grado vi fosse una richiesta di autorizzazione paesaggistica in sanatoria, presentata dalla proprietà a norma dell’art. 181, co. 1 quater, del d.lgs. 42/2004, nell’ambito di un procedimento sanzionatorio già avviato dall’Autorità per un’ipotesi di abuso che, come noto, può avere rilevanza non solo sul piano amministrativo.
6.1. Sul presupposto, peraltro non contestato neppure in questa sede, che la zona in questione fosse sottoposta a vincolo paesaggistico e che dovesse applicarsi la disciplina prevista per i beni soggetti a tutela, era stata quindi la stessa proprietà del bene a chiedere un accertamento sulla compatibilità paesaggistica degli interventi effettuati in precedenza sul proprio bene, senza richiamare né invocare in alcun modo la disciplina di cui al d.lgs. 259/2003.
Il che si spiega anche in ragione del fatto che era stato contestato un abuso (non semplicemente edilizio) e che non si trattava di realizzare un nuovo intervento ma, semmai, di sanare un intervento già realizzato, anni prima, in assenza di autorizzazione paesaggistica.
6.2. In tale contesto, nel dare corso ad una domanda proposta in tal senso, l’Amministrazione non poteva non fare coerente e conseguente applicazione della disciplina che la stessa parte privata aveva invocato per prima, finendo per accertare, attraverso il parere della Sovrintendenza, l’incompatibilità dell’intervento in questione, date anche le dimensioni del traliccio, nell’ordine di 20 metri di altezza.
Solamente in quel momento, e solamente quindi a seguito del diniego ricevuto, la strategia difensiva dell’originaria ricorrente è mutata radicalmente, spostando la propria attenzione sul Codice delle comunicazioni elettroniche.
6.3. Al riguardo si deve in ogni caso chiarire come il d.lgs. n. 259/2003 abbia disciplinato un procedimento semplificato per la realizzazione delle infrastrutture delle comunicazioni elettroniche ai soli fini urbanistici, edilizi ed igienico sanitari (cfr. Cons, St., VI, n. 889/2006), che è destinato a prevalere unicamente sulla disciplina edilizia dettata con il T.U. di cui al d.p.r. 380/2001 (cfr. TAR Lazio, Roma, II, n. 6056/2006), restando salva invece la piena applicabilità delle norme a tutela paesaggistica (cfr., già, TAR Marche, n. 52/2004 e TAR Lazio, n. 2737/2007).
Non si reputa, pertanto, pertinente la giurisprudenza richiamata dalle controparti (v., ad esempio, Cons. St., VI, n. 4557/2010), secondo la quale la realizzazione degli impianti in questione – tralicci compresi, persino se risalenti nel tempo – dovrebbe ritenersi consentita sull’intero territorio nazionale con riferimento a qualsiasi tipo di destinazione di zona omogenea, concetto questo chiaramente riferibile unicamente alle destinazioni di tipo urbanistico.
La citata giurisprudenza, infatti, si riferisce alla disciplina urbanistico-edilizia e non anche a quella paesaggistica, rispetto alla quale è significativamente lo stesso d.lgs n. 259/2003, all’art. 86, co. 4, a prevedere espressamente la soggezione degli interventi di cui trattasi alle disposizioni di cui al d.lgs. n. 42/2004.
6.4. Tanto chiarito in ordine a quale disciplina fosse da applicare a fronte della domanda presentata in sede amministrativa dalla proprietà, venendo ora ad esaminare il parere della Sovrintendenza, reputa il Collegio che il giudizio negativo in esso formulato si fondi su una motivazione sufficientemente dettagliata e che rivela l’esistenza di un’istruttoria all’apparenza completa ed approfondita.
6.5. E’ sufficiente osservare, infatti, come il giudizio negativo sia giustificato sul rilievo che il traliccio “costituisce una presenza estremamente stridente nel pregevole contesto circostante”, che “comporta un’alterazione sostanziale sullo stato dei luoghi”, che “rappresenta un elemento avulso e fortemente prevaricante all’interno della zona collinare cittadina riconosciuta di notevole interesse pubblico”, per ritenere conseguente l’affermazione finale secondo cui si reputa che “la presenza della struttura in questione pregiudichi fortemente l’immagine della zona collinare cittadina e rappresenti un intervento lesivo dei valori storici, architettonici e paesaggistici tutelati dal vincolo”.
6.6. Giudizi circostanziati e articolati avverso i quali, a ben vedere, la proprietà non ha opposto contestazioni di sostanza, limitandosi a sostenere la tesi che in nome della prevalenza delle comunicazioni elettroniche la tutela dei beni culturali sarebbe per definizione recessiva.
7. In conclusione, per le ragioni sin qui evidenziate, l’appello è fondato e va accolto con la conseguenza che, in riforma della sentenza impugnata, va respinto l’originario ricorso di primo grado
».

Daniele Majori – Avvocato Amministrativista – Roma

Fonte:www.giustizia-amministrativa.it

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