Edilizia e urbanistica, Giustizia amministrativa, Pareri, Processo amministrativo

Sul regime di impugnazione del parere della Commissione edilizia comunale, che è generalmente privo di valore provvedimentale ed è immediatamente impugnabile solo quando il sindaco, con la notifica del parere medesimo, lo abbia implicitamente fatto proprio e vi abbia impresso, come autorità competente al rilascio dei titoli edilizi, la configurazione di una definitiva determinazione dell’amministrazione sull’istanza di concessione edilizia.

(Consiglio di Stato, sez. III, 13 settembre 2013, n. 4532)

«[E’] meritevole di favorevole considerazione la doglianza con la quale l’appellante ha dedotto l’inammissibilità [del ricorso], erroneamente non rilevata dai primi giudici, stante la natura non provvedimentale dell’atto impugnato […].
Quest’ultimo, infatti, come emerge dalla documentazione in atti, benché avesse formalmente ad oggetto “Determinazione in merito alla domanda presentata in data 28.08.1995 relativa allo sdoppiamento della concessione edilizia n. 40/94 del 08.10.1994”, costituiva una mera comunicazione
[…] del parere favorevole espresso dalla commissione edilizia comunale nella seduta del 4 settembre 1995 circa lo sdoppiamento della originaria concessione edilizia n. 40/94, senza implicare con ciò ancora alcuna espressa manifestazione provvedimentale in tal senso.
Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è motivo di discostarsi, il parere della Commissione edilizia comunale è privo di propria autonomia funzionale e strutturale (ex plurimis, C.d.S., sez. V, 4 marzo 2008, n. 881; 29 gennaio 2002, n. 489) e non ha né formalmente, né sostanzialmente, valore provvedimentale di atto di assentimento o diniego della concessione edilizia richiesta (C.d.S., sez. V, 29 luglio 2003, n. 4325), pur quando ne sia ravvisata obbligatoria l’acquisizione per il rilascio o diniego del provvedimento di concessione (C.d.S., sez. VI, 29 gennaio 2002, n. 489); esso è immediatamente impugnabile solo quando il sindaco, con la notifica del parere medesimo, lo abbia implicitamente fatto proprio e vi abbia impresso, come autorità competente al rilascio dei titoli edilizi, la configurazione di una definitiva determinazione dell’amministrazione sull’istanza di concessione edilizia (C.d.S., sez. V, 24 marzo 2001, n. 1702); circostanza che non si rileva nella fattispecie in esame, tanto più che solo in data 27 dicembre 1995, come ricordato nell’esposizione in fatto, è stato emanato effettivamente l’atto di sdoppiamento della originaria concessione edilizia n. 40/94 dell’8 ottobre 1994.
D’altra parte non solo proprio il ricordato atto di sdoppiamento della originaria concessione non è stato giammai impugnato
[…].
Giova aggiungere poi che la natura provvedimentale dell’atto impugnato costituisce una condizione dell’azione, la cui eventuale carenza è rilevabile anche d’ufficio dal giudice, il che rende priva di fondamento la tesi difensiva dell’appellata circa la pretesa inammissibilità del motivo di gravame in esame per essere stato eccepito per la prima volta soltanto in appello; ciò senza contare che, come emerge dall’esame della produzione in atti, effettivamente nella memoria difensiva in data 14 ottobre 2000, redatta per la trattazione dei ricorsi in primo grado, la difesa dell’odierno appellante aveva puntualmente sottolineato che l’atto impugnato
[…] era una mera comunicazione, non impugnabile, e che ciò determinava l’inammissibilità del ricorso».

Daniele Majori – Avvocato Amministrativista – Roma

Fonte:www.giustizia-amministrativa.it

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