(Consiglio di Stato, sez. IV, 24 maggio 2013, n. 2832)
«Il Collegio deve ora farsi carico di affrontare le censure portanti del ricorso proposto in primo grado […] e che [l’odierna appellante] ha in buona sostanza riproposto nel presente grado di giudizio.
Va a tal fine precisato che [l’appellante], con particolare riguardo al requisito afferente la certificazione di qualità, ha dichiarato di “avvalersi [di altra società] che è in possesso delle certificazioni ISO 9001 per i processi di produzione, vendita e assistenza di apparecchiature storage, in corso di validità” , fornendo in allegato una dichiarazione dell’impresa ausiliaria attestante che i sottosistemi di storage […] sono a loro conformi alla certificazione anzidetta “in materia di qualità UNI EN ISO 9001 relativa alla gestione dei processi di produzione, vendita ed assistenza”.
In esito al sorteggio contemplato dall’art. 48 del D.L.vo 163 del 2006 [la centrale di committenza] con nota dd. 26 febbraio 2010 ha chiesto [all’odierna appellante], con particolare riguardo al requisito di cui al punto III 2.3. del bando, di produrre “copia conforme all’originale della certificazione di qualità relativa alla gestione, per la qualità dei processi di produzione, vendita, assistenza di apparecchiature storage […]”.
[L’appellante] non ha prodotto peraltro un certificato intestato a tale impresa già indicata quale ausiliaria, ma ha prodotto il certificato rilasciato dal soggetto certificatore ad altra società, […] ossia a soggetto societario diverso e distinto [dalla suddetta società ausiliaria].
Con nota dd. 17 marzo 2010 [la centrale di committenza] ha ulteriormente chiesto [all’appellante] di comprovare che l’impresa ausiliaria fosse essa stessa titolare del certificato di qualità, come dichiarato in sede di presentazione dell’offerta.
A riscontro di tale richiesta [l’appellante] si è limitata a produrre una dichiarazione del Vice Presidente [della società alla quale era stato rilasciato il suddetto certificato dal soggetto certificatore] attestante che la stessa “fornisce e produce per il mercato europeo i sistemi storage venduti [dall’ausiliaria]”, una certificazione di qualità della stessa [ausiliaria], nonché documentazione dalla quale si ricaverebbe che […] la società ausiliaria, e [l’altra società succitata] sono riconducibili al medesimo socio unico di controllo […].
Va sin d’ora evidenziato che la certificazione posseduta dall’impresa ausiliaria non attiene alla produzione di sistemi storage, ma alle sole attività di commercializzazione, installazione e manutenzione: con la conseguenza che [l’appellante] non ha fornito la prova del requisito di idoneità tecnica contemplata dalla lex specialis.
Il giudice di primo grado ha inoltre affermato che il provvedimento di esclusione dalla gara è stato ampiamente e sufficientemente motivato da parte [della centrale di committenza], anche con il riferimento ad un chiarimento reso in risposta ad apposito quesito in sede di gara e nel quale inequivocabilmente si specificava che “al fine del soddisfacimento del requisito di capacità tecnica relativo al possesso di certificazione di qualità UNI EN ISO 9001 per la gestione del processo di produzione, vendita e assistenza di storage non è possibile, per il concorrente, produrre copia autenticata di una certificazione UNI EN ISO 9001 intestata ad un’impresa “terza” ovvero che non faccia parte del soggetto (impresa singola, RTI o Consorzio) che prende parte alla procedura o che non assuma il ruolo dell’impresa ausiliaria”.
Da ciò dunque ben si evince che la stazione appaltante ha necessariamente escluso [l’appellante] stante l’acclarata carenza di tale requisito, rimarcando inoltre che la certificazione rilasciata alla società “madre” produttrice non poteva ricondursi anche alla società “figlia” distributrice, e ciò a prescindere dalla prova del reale possesso delle capacità tecniche del soggetto ausiliario, “così come previsto dalla lex specialis e meglio precisato in sede di chiarimenti resi sulla documentazione di gara”.
[La centrale di committenza] ha dunque valutato compiutamente la documentazione e i chiarimenti presentati [dall’appellante], e a fronte delle disposizioni contenuti nella lex specialis non ha potuto che assumere la dovuta determinazione di esclusione dellla medesima [società] dal procedimento di scelta del contraente.
Va anche soggiunto che mediante l’ulteriore richiesta di chiarimenti è emerso che neppure l’ulteriore certificazione prodotta – peraltro tardivamente – ed intestata all’impresa ausiliaria era idonea a comprovare il possesso del requisito e la dichiarazione resa in sede di gara, poiché – come a ragione rilevato nel provvedimento di esclusione impugnato in primo grado – “non vi è alcun riferimento” alla “gestione per la qualità dei processi di produzione” richiesta invece espressamente dal bando.
Nel giudizio di primo grado [l’odierna appellante] ha offerto una ricostruzione dei fatti di causa in una chiave diversa, secondo la quale [la centrale di committenza] mediante la richiesta di chiarimenti avrebbe ritenuto sostanzialmente ammissibile che la certificazione di qualità afferente alla produzione di apparecchiature storage potesse essere posseduta da un soggetto diverso dall’impresa ausiliaria, ancorché legata a quest’ultima da rapporti cc.dd. di “infragruppo”.
Il T.A.R. ha respinto tale prospettazione, rilevando a sua volta che nella predetta nota dd. 17 marzo 2010 [la centrale di committenza] aveva ben evidenziato la necessità, espressamente e indefettibilmente contemplata dalla lex specialis di gara, che il requisito fosse posseduto dal concorrente o dalla ditta ausiliaria e che, non evincendosi dalla documentazione prodotta il possesso della certificazione “in capo alla ausiliaria […]”, la circostanza contraria a tale risultanza documentale doveva essere supportata da idonea comprova: comprova che, per l’appunto, non è stata fornita, con conseguente legittimità della disposta esclusione dalla gara.
Al riguardo il giudice di primo grado ha altrettanto correttamente escluso che a tale mancata comprova possa ovviarsi con il richiamo all’anzidetto principio di massima partecipazione alle gare, posto che nel caso di specie l’esclusione è stata disposta in applicazione di ben precise e puntuali disposizioni della lex specialis di gara che la stessa [ricorrente in primo grado] “non poteva ignorare o diversamente intendere”, se non altro in presenza degli specifici chiarimenti che erano stati al riguardo forniti dalla stazione appaltante; e a tale riguardo questo giudice a sua volta denota che il principio medesimo assume comunque nell’ordinamento valenza meramente residuale (cfr. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 21 febbraio 2005 n. 548) e non può pertanto trovare applicazione qualora, come nel caso di specie, non sia stato comprovato un requisito di qualificazione, peraltro attestato in sede d’offerta e – per di più – richiesto espressamente a pena d’esclusione dal bando.
A tale riguardo il giudice di primo grado ha evidenziato che la lex specialis contemplava lo strumento dell’avvalimento, disciplinato dal capitolato d’oneri in conformità di quanto disposto dall’art. 49 del D.L.vo 163 del 2006 e che [la ricorrente in primo grado] non solo non aveva impugnato in parte qua la disciplina rilevante sul punto, ossia gli artt. 2.5. e 3.5.1.6. del Capitolato di gara, e che – anche e soprattutto – essa non aveva dichiarato in sede di domanda di partecipazione alla gara in questione e secondo le formalità, i tempi e le modalità prescritte al riguardo, di volersi avvalere per il possesso del requisito mancante, della società effettivamente in possesso del requisito medesimo.
Né lo stesso giudice ha sottaciuto che l’ordinamento di per sé prevede il collegamento societario quale presupposto eventuale per l’avvalimento da parte di un concorrente dei requisiti posseduti da un altro soggetto, e che in tale evenienza l’art. 49 del D.L:vo 163 del 2006 consente per l’appunto di comprovare il vincolo giuridico fra i due soggetti mediante una dichiarazione di appartenenza al gruppo societario, dispensando l’ausiliata dalla produzione di un apposito contratto di avvalimento; in tale evenienza, quindi, il collegamento societario non si cumula con l’istituto dell’avvalimento, ma ne rappresenta un possibile fattore genetico e giustificativo idoneo a dimostrare, sul piano sostanziale, una comunanza di interessi fra i due soggetti interessati al prestito dei requisiti.
E, se così è, l’ordinamento non consente di avvalersi di un soggetto che a sua volta utilizza i requisiti di un altro soggetto, sia pure ad esso collegato, posto che in tal modo verrebbe si realizzerebbe una fattispecie di avvalimento, per così dire, “a cascata”, non ricavabile come consentita dal predetto art. 49.
Va soggiunto che – sempre come correttamente ha affermato il giudice di primo grado – la deroga al principio di personalità dei requisiti di partecipazione alla gara è strettamente collegata alla possibilità di avere un rapporto diretto ed immediato con l’impresa ausiliaria, dalla quale l’impresa ausiliata è legata in virtù della dichiarazione di responsabilità resa dalla prima e – eventualmente -dalla stipulazione di un contratto, dal cui discende una responsabilità solidale delle due imprese in relazione all’intera prestazione dedotta nel contratto da aggiudicare: e l’innesto di un ulteriore passaggio tra l’impresa che partecipa alla gara e l’impresa che possiede i requisiti infrangerebbe per certo questo ineludibile vincolo di responsabilità che giustifica il ricorso all’istituto dell’avvalimento ed alla deroga del principio del possesso in proprio dei requisiti di gara.
Va anche evidenziato che l’insieme di tali argomenti è già stato condiviso dalla giurisprudenza.
In particolare, è già stato affermato che l’istituto dell’avvalimento risponde all’esigenza della massima partecipazione alle gare consentendo ai concorrenti, che siano privi dei requisiti richiesti dal bando, di concorrere ricorrendo ai requisiti di altri soggetti, e che – nondimeno – l’istituto medesimo va letto in coerenza con la disciplina di fonte comunitaria, la quale è sicuramente deputata a favorire la massima concorrenza, ma come condizione di maggior garanzia e di sicura ed efficiente esecuzione degli appalti; e da ciò, pertanto, scaturisce la duplice conseguenza che la possibilità di ricorrere a soggetti ausiliari presuppone che i requisiti mancanti siano da questi integralmente e autonomamente posseduti, senza poter estendere teoricamente all’infinito la catena dei possibili sub-ausiliari e che va pertanto escluso dalla gara chi si avvale di impresa ausiliaria a sua volta priva del requisito richiesto dal bando nella misura sufficiente ad integrare il proprio requisito di qualificazione mancante (cfr. sul punto e tra le più recenti, ad es., Cons. Stato, Sez. III, 1 ottobre 2012 n. 5161).
Va anche evidenziato che, sempre secondo la giurisprudenza, il rapporto di partecipazione societaria. anche sotto forma di holding non è certamente idoneo a dimostrare che una delle imprese della holding medesima possa ipso facto disporre dei requisiti tecnici, organizzativi e finanziari di un’altra, e viceversa (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 20 novembre 2008 n. 5742).
Sempre nel giudizio di primo grado [l’odierna appellante] si è pure richiamata alla notoriamente più essenziale disciplina dell’istituto dell’avvalimento, così come contemplata dalle fonti comunitarie (in particolare gli artt. 47 e 48 della direttiva 2004/18/CE e l’art. 54 della direttiva 2004/17/CE) e come intesa dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia CE, in ordine alla possibilità, per un concorrente ad una gara di appalto, di fare riferimento alle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con essi, per dimostrare il possesso dei requisiti tecnici di partecipazione, quando il concorrente stesso possa comprovare (come – secondo la prospettazione della medesima [ricorrente in primo grado] – nella specie sarebbe accaduto, in presenza di società, quella ricorrente e ora appellante e quella in possesso della necessaria certificazione, appartenenti al medesimo gruppo e allo stesso socio unico di controllo) di disporre effettivamente dei mezzi di tali soggetti necessari all’esecuzione dell’appalto.
Sotto questo profilo, quindi, [l’appellante] prospetta – anche nel presente grado di giudizio – una prevalenza del “diritto vivente” di fonte comunitaria rispetto a quello italiano, con la conseguenza che non dovrebbe – tra l’altro – applicarsi il testè descritto limite del numero delle imprese nell’avvalimento dei requisiti mancanti, soprattutto se tra loro collegate; in buona sostanza, il ragionamento [dell’appellante] si risolve nel sostenere che un concorrente, ai fini della partecipazione alla gara, potrebbe avvalersi dei requisiti di altra società del gruppo senza alcuna formalità, posto che il dato sostanziale del possesso e della disponibilità, a livello di gruppo, dei requisiti prescritti per la partecipazione alla gara dovrebbe necessariamente prevalere su quello meramente formale dell’effettivo possesso dei requisiti medesimi da parte della sola partecipante.
Orbene, in disparte restando anche la pur assorbente notazione che nella specie il rapporto infragruppo non intercorre tra l’avvalente […] e l’impresa ausiliaria, ma tra quest’ultima e un’impresa terza, anche questa prospettazione dell’attuale appellante, prima ancora di essere valutata nella sua conferenza al caso di specie, va comunque respinta in quanto con la decisione della Corte di Giustizia CE, Sez. IV, 2 dicembre 1999, resa in C. 176/98 Holst Italia c. Comune di Cagliari è stato affermato – tra l’altro – che l’avvalimento di soggetti estranei alla gara è ammissibile a condizione che l’impresa avvalente sia in grado di provare di poter disporre effettivamente dei mezzi posseduti da soggetti terzi necessari, con la precisazione che la disciplina di fonte comunitaria non consente “di presumere che il prestatore disponga dei mezzi di terzi basandosi sulla sola circostanza che esso fa parte di uno stesso gruppo di imprese”, e che risulta del tutto conforme al diritto comunitario la richiesta, da parte dello Stato membro o della stazione appaltante, di determinate modalità di comprova della disponibilità dei requisiti oggetto di avvalimento.
Deve dunque sul punto concludersi nel senso che se è ben vero che l’ordinamento comunitario consente agli operatori economici il diritto di avvalersi della capacità di altri soggetti, “a prescindere dalla natura giuridica dei loro legami con questi ultimi” ( cfr. art. 47 della direttiva 18/2004/CE, ), da tale inciso – espressione tipica della libertà di forme concessa agli Stati membri per dare attuazione alle regole comunitarie – non può invero trarsi argomento per sostenere l’irrilevanza della disciplina di “diritto vivente” interno laddove, nell’attuazione dell’inciso medesimo, contempla in capo alle stazioni appaltanti l’obbligo di valutazione dell’effettività del possesso dei requisiti oggetto dell’avvalimento in capo al soggetto avvalso, da intendersi quindi nella sua inderogabile effettività (cfr. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, 3 luglio 2012 n. 3887) e, quindi, senza ulteriori “rimandi” a soggetti terzi, ancorchè dotati di collegamento societario con l’avvalso anzidetto».
Daniele Majori – Avvocato Amministrativista – Roma
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
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