(Consiglio di Stato, sez. VII, 24 giugno 2022, n. 5225)
«L’articolo 36 del codice della navigazione (R.D. 30 marzo 1942, n. 327) disciplina la concessione di beni demaniali ed il successivo articolo 37, regola la fattispecie del “concorso di più domande di concessione”. Le due disposizioni vanno interpretate in base al principio di derivazione euro-unitaria che impone l’affidamento mediante procedura di gara di tutti i beni pubblici aventi rilevanza economica. Pertanto, non è in discussione che la scelta del concessionario di bene pubblico demaniale debba essere fatta attraverso procedure selettive che garantiscano il confronto fra gli operatori, nel rispetto dei principi di par condicio, imparzialità e trasparenza (cfr., tra le tante, Cons. Stato, VI, 18 novembre 2019, n. 7874, anche per la ricostruzione dell’evoluzione della giurisprudenza in materia, sia interna che della Corte di Giustizia UE; nello stesso senso, da ultimo, Cons. Stato, VI, 16 febbraio 2021, n. 1416).
L’art. 24 del regolamento per l’esecuzione del codice della navigazione (D.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328) disciplina, invece, le “variazioni al contenuto della concessione” ed, al secondo comma, prevede che “Qualsiasi variazione nell’estensione della zona concessa o nelle opere o nelle modalità di esercizio deve essere richiesta preventivamente e può essere consentita mediante atto o licenza suppletivi dopo l’espletamento dell’istruttoria. Qualora, peraltro, non venga apportata alterazione sostanziale al complesso della concessione o non vi sia modifica nell’estensione della zona demaniale, la variazione può essere autorizzata per iscritto dal capo del compartimento, previo nulla osta dell’autorità che ha approvato l’atto di concessione”.
Si tratta perciò di una disposizione che costituisce una deroga alla disciplina dell’art. 36 del codice della navigazione ed ai principi di carattere generale, quali quello della libera fruizione per la collettività delle aree demaniali, ovvero dell’affidamento in concessione secondo modalità volte alla massimizzazione dell’interesse pubblico e della piena contendibilità delle risorse economiche (cfr. in tale senso Cons. Stato, VI, 18 gennaio 2012, n. 169 e da ultimo Adunanza Plenaria 17/2022).
Ed invero non vi è dubbio che la c.d. concessione suppletiva sia provvedimento discrezionale. Tuttavia, pur condividendo tale carattere con la concessione tout court, le modalità di esercizio della discrezionalità sono affatto differenti.
La scelta di costituire un diritto d’uso del bene demaniale mediante nuova concessione, entro determinati limiti di spazio e di tempo, nonché per determinate opere o facoltà, è connotata da ampia discrezionalità, essendo rimessa, in particolare, all’amministrazione marittima la valutazione tra quale dei possibili usi del bene demaniale sia più proficuo e conforme agli interessi della collettività, secondo una valutazione non sindacabile in sede giurisdizionale se non in caso di scelta irrazionale o contraddittoria o basata su erronei o travisati presupposti di fatto (cfr., da ultimo, Cons. Stato, V, 17 gennaio 2020, n. 431).
Detta scelta si colloca, per così dire, “a monte” dell’individuazione del concessionario, oggi da realizzarsi, come detto, mediante indizione della pubblica gara.
La fattispecie disciplinata dall’art. 24 del regolamento esecutivo si colloca invece “a valle” dell’affidamento della nuova concessione e, dovendosi pur sempre avere riguardo al richiamato principio di origine euro-unitaria, essa va interpretata restrittivamente proprio perché vi fa eccezione, consentendo l’affidamento diretto e senza gara al precedente concessionario a condizioni da individuarsi preventivamente e rigorosamente, la cui sussistenza va poi vagliata in concreto caso per caso; precisamente, come già rilevato in giurisprudenza, l’affidamento diretto di una maggiore superficie “in ampliamento” al titolare di concessione di bene demaniale marittimo può ammettersi “solo in presenza di situazioni eccezionali e nella misura in cui l’estensione della originaria concessione sia obiettivamente funzionale e necessaria per l’effettivo corretto e proficuo utilizzo del bene già concesso ed abbia in ogni caso una minima consistenza quantitativa e non anche quando essa riguardi un (ulteriore) bene demaniale che solo soggettivamente sia collegato al primo, ma che obiettivamente potrebbe essere oggetto di una autonoma e distinta concessione” (così Cons. Stato, V, 13 luglio 2017, n. 3459, nonché id., 11 luglio 2017, n. 3416, citate in sentenza).
L’istanza di concessione in ampliamento va quindi valutata all’amministrazione alla stregua dei rigorosi presupposti della deroga, diversi da quelli che stanno a fondamento della scelta di (indire una gara per) affidare una nuova concessione di bene demaniale.
Il provvedimento conclusivo del procedimento avviato con la richiesta del concessionario di ottenere una concessione c.d. suppletiva o in ampliamento, è pur sempre discrezionale, deve perciò tenere conto degli esiti della detta istruttoria e motivare sugli aspetti su evidenziati o su altri, ritenuti pertinenti dall’amministrazione, al fine di consentire il sindacato giurisdizionale del provvedimento (negativo o positivo), sia pure nei limiti della manifesta irrazionalità o erroneità dei presupposti».
Daniele Majori – Avvocato cassazionista e consulente aziendale
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
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