(Consiglio di Stato, sez. IV, 14 febbraio 2022, n. 1056)
«L’appello, è invece fondato nella parte in cui i ricorrenti hanno censurato il fatto che l’annullamento in autotutela, e il conseguente ordine di demolizione, abbiano riguardato il complesso degli interventi eseguiti e non siano stato limitati alle sole opere in relazione alle quali erano state riscontrate le descritte difformità.
Al riguardo gli appellanti hanno messo in evidenza che:
a) una parte dei lavori concerne le facciate esterne, che sono state progettate senza l’apertura di vedute;
b) altra parte dell’intervento ha comportato una diversa disposizione degli spazi interni dell’edificio (con esclusione del sottotetto);
c) altra parte ancora dei lavori ha riguardato il sottotetto ed è consistita nell’installazione di cappuccine e nella diversa disposizione degli spazi interni.
L’illegittimità rilevata dal Comune riguarda solo i lavori sub c).
L’Amministrazione non ha concretamente contestato il fatto che, sul piano tecnico, le opere siano scindibili e indipendenti e che avrebbero quindi potuto formare oggetto, senza alcuna rielaborazione dei documenti progettuali presentati, di distinti titoli abilitativi (cfr., per il caso inverso a quello in esame, Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 32 del 3 gennaio 2018).
Non appare dunque sufficientemente e adeguatamente giustificato un intervento inibitorio – repressivo esteso alla totalità delle opere eseguite.
7. In definitiva, per quanto appena argomentato, l’appello merita, in parte, accoglimento.
Ne consegue che, in parziale accoglimento del ricorso di primo grado, i provvedimenti impugnati vanno annullati nella parte relativa agli interventi per cui non sono state riscontrate difformità rispetto alla disciplina edilizia ed urbanistica».
Daniele Majori – Avvocato cassazionista e consulente aziendale
Fonte:www.giustizia-amministrativa.it
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